«L’emergenza sanitaria più complessa della storia», per John Johnson di Medici senza frontiere ( Msf), l’epidemia di Ebola in corso nella Repubblica democratica del Congo è entrata in una fase che desta enormi preoccupazioni e che rischia di finire del tutto fuori controllo. I morti accertati, da quando si è scoperto il primo focolaio 11 mesi fa, sono arrivati a 1500 ma le persone che hanno contratto il virus hanno superato abbondantemente le 20000.

L’epidemia attuale è la seconda più grave della storia, il tasso di mortalità riguarda il 67% dei malati, a rischio sono soprattutto donne e bambini. Si teme dunque che si possa ripetere la situazione che tra il 2013 e il 2016 riguardò tre Paesi dell’Africa occidentale, Sierra Leone, Liberia e Guinea, con 28600 casi e 11300 morti.

Il problema principale, secondo i responsabili di Msf, è quello di arginare il propagarsi della malattia, sebbene esista la possibilità di vaccinarsi, anche in Uganda ora sono stati individuati tre casi in un nucleo familiare. Purtroppo due componenti della famiglia sono morti mentre il terzo è stato fatto rientrare in Congo.

Il quadro generale sanitario è anche segnato da questioni di sicurezza e culturali. Molte persone rifiutano di curarsi in quanto ritengono la malattia inesistente, frutto di una cospirazione ai loro danni da parte dell’Occidente. Il problema maggiore è provocato da vere e proprie fake news che minano la fiducia negli operatori sanitari, le bufale corrono principalmente su Wathsapp aumentando il numero dei decessi.

Ad esempio fonti locali parlano della convinzione, da parte dell’etnia Nande, che il virus Ebola sia stato usato dai loro nemici proprio per sterminarli in quanto popolazione coinvolta con loro in un sanguinoso conflitto armato.

Per questo si verificano continui attacchi ai centri di cura, giunti al culmine nel caso di Richard Mouzoko Kiboung, un epidemiologo camerunense rimasto ucciso il 19 aprile scorso in un attentato.

Una situazione così grave che ha costretto l’Organizzazione mondiale della Sanità ( Oms) in Nord- Kivu e nell’Ituri a «sospendere ogni sua attività di lotta all’Ebola» con evidenti conseguenze sulla salute pubblica. Nel nord est del Congo operano infatti uomini armati della milizia Mai Mai per non parlare delle organizzazioni islamiste come l’Allied Democratic Forces affiliata allo Stato Islamico. Proprio a causa degli scontri e delle incursioni le popolazioni scappano dai villaggi moltiplicando le possibilità di contagio della malattia, così come conferma Marie- Claire Kolie, medico guineano da anni operativo a Butembo.

Intanto cresce il sospetto che l’ondata di terrore nei confronti dei mediciche tentano di tamponare l’epidemia non sia solo il risultato d’isteria e sfiducia collettiva, dietro gli attacchi ci sarebbe in effetti una strategia relativa a interessi economici di figure locali in contrasto con il governo centrale e colluse con le milizie.

Il virus Ebola infatti è anche un grande affare per l’entità delle risorse e degli aiuti umanitari che sposta nelle regioni colpite e sono in molti a voler controllare questo flusso di denaro. Per Michael Ryan, direttore esecutivo alla Oms, il cambiamento climatico, la deforestazione, i movimenti migratori di massa e le situazioni di conflitto armato renderanno le epidemie sempre più frequenti. E costringendo all’impiego di grandi capitali per fermarle, ma con la conseguenza di una sempre minor sicurezza per le popolazioni colpite.