Forse il sistema penale non fa più paura, ma certe affermazioni continuano a farne. E molta. Ne fanno intanto perché provengono dalle bocche sbagliate, quelle che ti aspetteresti pronunciassero parole di equilibrio, manifestando la capacità di comprendere i fatti umani e di governarne le conseguenze; anche i più atroci tra i fatti umani. Anzi, soprattutto quelli, ché quando accadono rischiano di far saltare il patto sociale bruciando la pelle collettiva con l’effetto vischioso del veleno del delitto.

Tutto ciò non giova a nessuno. E ne fanno poi perché, piuttosto che lenire la sofferenza ravvivando la traccia dei confini del diritto, piuttosto che alimentare il fuoco comune attorno al quale, a sera, gli uomini di buona volontà possano ancora provare a ritrovarsi, infiammano le strade e avvelenano i pozzi, abbandonando persino il più sfocato lontano simulacro di dubbio. Nei pensieri che quelle affermazioni contribuiscono a disegnare si stagliano nitidi i confini del giusto e dello sbagliato in un momento in cui non serve, perché i lembi della ferita sono ancora così distanti che nessuno ha dubbi su dove collocare le etichette e, dunque, nessuno ha bisogno che glielo si ricordi. E ciò che non serve, qui guasta, perché alimenta il disagio, il dramma, il dolore che dalle periferie del corpo sociale arriva fino al cuore di chi ha assistito da vicino ai fatti delittuosi: le vittime, quando si è fortunati; i loro familiari, negli altri casi. Sono gli unici, costoro, che si deve abbracciare con il religioso silenzio che meritano; qualunque cosa dicano.

Tutto ciò non giova a nessuno. E c’è un altro effetto di quelle affermazioni che val la pena osservare: quello determinato dalla messa in crisi di un sistema ad opera di chi, quel sistema, pur con le sue storture, i suoi drammi interni, le sue insanabili contraddizioni, è chiamato invece a proteggere, perché è su di esso che si regge la comunità ed è sulle sue fondamenta che ciascuno di noi ha giurato di operare.

Io non condivido nemmeno una virgola di quanto dice il dott. Ardita e potrei dirne almeno sette ragioni; ma mi limito ad una: è massimalista, come potrebbero essere la parole di chi faccia altri mestieri che non quello più alto che invece gli compete, e taglia con l’ascia temi complessi costringendoli in un post che non li contiene. Forse il sistema penale non fa più paura, perché la paura non è il suo obbiettivo primario, ma tutto ciò, queste parole, non giovano a nessuno; men che meno alle donne e agli uomini che sono chiamati a vestire la Toga, che è pesante per tutti; men che meno a chi le pronuncia.