Al professore Giovanni Orsina è capitato di anticipare di alcune ore, e forse persino di ispirare, l’omelìa dell’arcivescovo metropolita Mario Enrico Delpini ai funerali di Stato di Silvio Berlusconi nel Duomo di Milano, alla presenza del Capo dello Stato. Intervistato dal Quotidiano Nazionale, che raggruppa Il Giorno di Milano, Il Resto del Carlino di Bologna e La Nazione di Firenze, il professore editorialista della Stampa aveva così risposto alla domanda su cosa fosse il berlusconismo: “E’ una grande celebrazione della vitalità italiana”.

“Vivere. Vivere - ha scandito l’arcivescovo Delpini dopo il Vangelo - e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c'è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d'uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora”.

Impeccabile rappresentazione, direi, di Berlusconi e, appunto, del berlusconismo. Di Berlusconi e della sua lunga avventura di uomo, di imprenditore, di politico. “La lezione di Delpini alla piccineria del moralismo meschino”, ha felicemente titolato in rosso il suo commento Giuliano Ferrara sul Foglio, aggiungendo in nero: “Nella sua omelia un perfetto ritratto del Cav. Non resta che sorridere delle cattiverie senza grazia”. “Tutto è perdonato”, ha preferito invece commentare nel suo titolo di apertura Domani, il giornale di Carlo De Benedetti che sorprendendo - spero- il suo stesso editore, rapido in un necrologio di rispetto sul Corriere della Sera, non aveva ritenuto degna della sua prima pagina, martedì scorso, addirittura la notizia della morte di Berlusconi, quasi tradendo la rabbia di avere perduto un usuale e persino comodo obbiettivo polemico.

Neppure Travaglio sul suo Fatto Quotidiano era arrivato a tanto. Né vi arriverà, visto l’impegno appena assunto con i suoi lettori di praticare un vigile e permanente “antberlusconismo”. Che - ha spiegato- “non è un “male” da archiviare ma un altissimo valore etico- politico da mantenere ben saldo”, peraltro attribuito erroneamente alla sinistra perché essa “non è mai stata antiberlusconiana neppure per un giorno, anzi”. E giù di seguito un lungo elenco di piaceri, omissioni e altro che sarebbero state riservate dai vari D’Alema e Prodi prima che sulla scena politica irrompessero evidentemente Beppe Grillo e Giuseppe Conte, non a caso tenutisi entrambi ben lontani dai funerali di “beatificazione” civile e religiosa di Berlusconi. La nuova segretaria del Pd Elly Schlein vi è accorsa pure lei. Nulla di imprevisto e neppure più clamoroso, per carità. Ciascuno alla fine sceglie l’ossessione alla quale impiccarsi o, più semplicemente, impiccare il suo umore.

Si è detto e scritto che l’omelia dell’arcivescovo Delpini sia stata la vera sorpresa, di carattere persino “sacrale”, del funerale di Silvio Berlusconi. Che spero gli procuri quella berretta cardinalizia che ancora gli manca a circa sei anni dalla successione al cardinale Angelo Scola decisa da Papa Francesco alla guida della Diocesi più grande d’Europa, con le sue 1.107 parrocchie distribuite in 4.234 chilometri quadrati in cui sono comprese le province di Milano, Varese, Lecco, Monza Brianza, parte di Como e pezzi anche delle province di Bergamo e Pavia. Mario Enrico Delpini, di Gallarate, 72 anni da compiere il 29 luglio, sarebbe un cardinale coi fiocchi davvero, come tanti suoi illustri predecessori a Milano.