Ogni giorno ha la sua pena, e in Italia non ce ne facciamo mancare nessuna. Anche quando sono in gioco questioni di scienza e salute, che dovrebbero indurre all’uso della razionalità nel prendere decisioni. Mentre accade l’opposto. Un filosofo confuciano del VII secolo scriveva che “schierarsi pro o contro è una malattia mentale”. Infatti, alcune democrazie occidentali sono sempre di più malate di “polarizzazioni”.

La scienza sembrava poterne restare fuori e costituire un’ancora contro la deriva relativista che da decenni ammorba il pensiero di sinistra come quello di destra. Invece no. Dopo oltre due anni di sovraesposizione mediatica di esperti e scienziati, che ragionavano in televisione sulla pandemia come fossero aruspici, e mentre finora le minacce alla razionalità scientifica venivano da integralisti settari e pseudoscienziati, abbiamo fatto un salto di qualità non da poco. Contro 19 figure istituzionali coinvolte nel complesso e incerto processo decisionale di istituire le misure antipandemiche contro Covid 19 in alcune zone del bergamasco, è stata montata un’accusa che vagamente ricorda quella rivolta al povero barbiere Gian Giacomo Mora, giustiziato durante la peste di Milano del 1630 e di cui racconta Alessandro Manzoni nella Storia della colonna infame.

Se valgono ancora le sentenze di Cassazione Penale che indicano i requisiti per i periti e per le perizie, è improbabile che la relazione in oggetto sarà presa sul serio da un giudice. Ma l’effetto distopico rimane. Anche un certo Cardinale Bellarmino era uomo di spiccata intelligenza ed erudizione, persino disposto ad aiutare chi doveva inquisire, ma nondimeno prima concorse a istruire il processo e a condannare al rogo Giordano Bruno nel 1600, e 16 anni dopo a scrivere l’ammonimento a Galileo Galilei di non diffondere il copernicanesimo, che presagiva al processo del 1633. I pregiudizi oggi non sono dogmatico-religiosi, ma basati sulla autorefenzialità di argomentazioni spacciate come scientifiche su basi reputazionali, ovvero su assunzioni speculative, metodologie creative e ricostruzioni aneddotiche. Comunque si crede che esista una verità assoluta che aspetta di essere colta da chi è unto, in questo caso dalla scienza invece che dal Signore.

Il principio di autorità o di investitura politico-religiosa, che le prime comunità scientifiche del Seicento cacciarono dalla porta, oggi sembra venga fatto entrare surrettiziamente dalla finestra dagli stessi scienziati. I segnali che il “populismo penale” in Italia sta infettando anche la scienza sono numerosi. Prima dell’indagine della procura di Bergamo, si è discusso per giorni della “guerra” intorno a dei test rapidi condotta tra “virologi” presso il tribunale di Padova. La scienza è stata chiamata inopportunamente alla sbarra troppo spesso in Italia negli ultimi decenni: per gli ogm, i vaccini, le staminali, Xylella, i terremoti, l’omeopatia, le diete, le manipolazioni di dati, etc. Quasi sempre, però, per separare la scienza dalla pseudoscienza. Si mette molto male se anche gli scienziati cominciano a coltivare un’idea tribale di giustizia, prendendo parte a procedimenti che sembrano più sfide personali che processi basati su procedure garantiste.

I processi potrebbero essere il naturale sbocco delle polemiche su tutto (origini del virus, evoluzione delle varianti, distanziamento, lockdown, mascherine, clorochina, vaccini, etc.) a cui abbiamo assistito durante la pandemia. Qualcuno diceva che la scienza aveva però finalmente guadagnato le pagine dei giornali e gli studi televisivi. Ma la scienza non coincide con gli scienziati. Anche sostenere che i battibecchi stessero invece danneggiando la credibilità o percezione della scienza era discutibile. Tutto cambia per rimanere sempre uguale. La scienza in Italia manca di autorevolezza culturale e gli esperti tendono a confondere i fatti scientifici con i loro interessi accademici o professionali. Naturalmente anche con le loro inclinazioni politiche.

I temi della pandemia sono stati discussi quasi esistessero fatti alternativi, in un Paese che tende a politicizzare tutto. Gli esperti/scienziati – non sempre esperti e scienziati competenti di Covid-19 – sono stati presenti nei media 24/7. Troppo spesso litigando come nei peggiori talk show. La selezione naturale/televisiva basata sul gradimento di un pubblico da circo equestre ha portato alla persistenza di quelli più efficaci a stimolare i circuiti cerebrali della ricompensa o della rabbia nei frequentatori di media.

Per consuetudine si crede che i protagonisti di discussioni intellettuali abbiano in qualche modo il controllo della loro psicologia. Qualcuno, che ha studiato il problema, sostiene che nelle dinamiche sociali e comunicative, anche in ambito scientifico, venga premiato il narcisismo. Su cui non abbiamo controllo. La scienza si svolge in contesti sociali e competitivi, per cui gli scienziati narcisisti sono abbastanza frequenti, e spesso geniali.

Nei Paesi che producono scienza di qualità, ci sono regole definite e si sanzionano i comportamenti eticamente scorretti e illeciti. Per cui i tratti di personalità manipolatori sono canalizzati spesso verso risultati utili. Purtroppo, l’etica della responsabilità manca del tutto in Italia. Chi crede di agire bene sulla base delle proprie convinzioni invece che facendo riferimento a fatti e conseguenze e allo stesso tempo si crede migliore o superiore, finirà per comportarsi in modi arroganti, presuntuosi o privi di autocritica. Cioè a mancare di senso civico e danneggiare la convivenza civile. Malgrado l’intelligenza e la bravura scientifica