Arrivano alla spicciolata, in piccoli gruppi. In molti si sono organizzati in comitive regionali, a seconda delle uscite dei caselli autostradali, oppure «Passo a prenderti alla stazione di Bologna e poi andiamo insieme». Rimini diventa per tre giorni la capitale della politica forense, con oltre duemila avvocati registrati tra delegati e congressisti.I più mattinieri iniziano a ronzare intorno alle porte del Palacongressi già alle 9 del mattino, orario di apertura dei cancelli. Il cielo è ancora grigio dopo la pioggia della notte e il vento di ottobre fa alzare i baveri delle giacche dei delegati che vengono da più a sud, vestiti troppo leggeri perchè lì è ancora fine estate. «E' proprio arrivato il momento di rimettere le calze», borbottano le avvocate, ancora affezionate ai loro sandali alti. Davanti all'entrata, un'enorme scritta a lettere cubitali che recita «XXXIII Congresso Nazionale Forense» sembra essere stata messa apposta per ispirare i selfie. Fuori i cellulari e grandi i sorrisi, i visi vicini perché «deve vedersi la scritta! ». I più smart li condividono subito sui Social, localizzandosi e taggandosi. I più riottosi alla tecnologia vengono rimbrottati: «Come non sei ancora su Facebook? E allora come la segui la politica forense? ».Poi compagni di viaggio si dividono: i veterani del congresso vanno ad abbracciare i colleghi delle altre latitudini con cui si incontrano da anni; i neofiti si guardano intorno un po' spiazzati, rovistando nella tracollina d'ordinanza color azzurro blue-jeans, consegnata ad ogni delegato insieme al badge con il proprio nome.Poi lentamente, dopo la sosta caffè e un giro turistico tra gli stand di case editrici e polizze assicurative, l'esercito dei duemila inizia ad affollare la sala dove si tiene la plenaria. L'ingresso è chiassoso e un po' guardingo, nessuno vuole ancora prendere posto perché «dove ci sediamo è strategico, non possiamo mica sbagliare lato della sala». Gli attendisti scrutano con fronte aggrottata la platea ancora al buio; gli interventisti iniziano a prendere posto, preferibilmente a destra del palco, non troppo centrali ma abbastanza avanti, «che non si sa mai». Una voce fuori campo scandisce il tempo dell'inizio, qualche discreta prova microfono e prime luci accese. Infine, ecco le prime note dell'Inno di Mameli. Tutti gli avvocati in piedi, qualcuno non resiste all'effetto concerto e alza le mani per tenere alto il cellulare e riprendere la selva di teste. Applauso di incitamento, luce sul palco e faro puntato sul gonfalone del congresso bianco e blu, accanto al pulpito del relatore perché si veda bene nelle fotografie. In fondo alla sala, i trentadue stemmi precedenti pendono sulle teste del pubblico e proiettano ombre nere sul muro retrostante. Un altro applauso, via.