Spacchettare il quesito referendario significa sottoporre agli elettori non una domanda unica sull’intero testo della legge costituzionale Boschi, ma più blocchi di domande tematiche. La prima richiesta di referendum presentata non lo prevedeva ma, entro il 14 luglio, potrebbe arrivare all’Ufficio elettorale centrale per il referendum in Cassazione una nuova domanda con quesito “spacchettato”. A muoversi, però, devono essere un comitato popolare che abbia raccolto cinquecentomila elettori, un quinto dei membri di una camera (i Radicali stanno raccogliendo le firme), oppure cinque consigli regionali.Eppure, l’ipotesi spacchettamento non è contemplata in Costituzione e farà sorgere più di qualche grattacapo giuridico. Ma, soprattutto, potrebbe offrire una potenziale sponda ai comitati del sì, oggi considerati in affanno dai sondaggi.Inammissibile?Non esiste una norma che vieti la presentazione di due diverse richieste di referendum. Se ne venisse presentata una seconda “spacchettata”, la parola sulla sua ammissibilità spetterebbe all’Ufficio elettorale centrale della Cassazione, che ha trenta giorni per accettare o respingere la nuova richiesta. Ma il vero quesito rimane la cosituzionalità dello spacchettamento. La Carta, nell’articolo 75 che ammette il referendum abrogativo, si riferisce espressamente all’abrogazione “parziale o totale” di una legge. Nel testo dell’articolo 138 sul referendum costituzionale, invece, è previsto che “le leggi (costituzionali ndr) stesse sono sottoposte a referendum popolare”. Il dettato, dunque, contempla unicamente la sottoposizione della legge costituzionale nella sua interezza al vaglio degli elettori. A marcare la particolarità di questo referendum, infatti, è il fatto che non richieda alcun quorum: la legge costituzionale non viene promulgata se non approvata dalla maggioranza dei voti validi. La ratio, infatti, è la tutela della minoranza, tanto che la consultazione popolare può essere richiesta solo nel caso in cui la legge costituzionale non sia stata approvata con la maggioranza qualificata dei due terzi del Parlamento.Il requisito della rispondenza del testo costituzionale approvato dalle Camere e l’oggetto del referendum è previsto anche dalla legge 352 del 1970, sulle “norme sui referendum”. La legge, infatti prevede che l’oggetto del referendum costituzionale non sia definito dai promotori (come nel caso del referendum abrogativo), ma sia il testo approvato e pubblicato in Gazzetta ufficiale.L’incognita sulle dateL’esito di questo procedimento potrebbe incidere sulla data del referendum, ancora non fissata ma idealmente collocata nel mese di ottobre. La legge prevede 60 giorni di tempo perché il Presidente della Repubblica promulghi il decreto, e la data è fissata tra il 50° e il 70° giorno successivo al decreto.Nel caso in cui l’Ufficio - che ha trenta giorni per emettere l’ordinanza - dichiari ammissibile la richiesta di referendum spacchettato, la data non dovrebbe slittare. Nell’ipotesi più probabile, invece, di dichiarazione di inammissibilità, i comitati promotori (considerati potere dello Stato ai fini del referendum) potrebbero decidere di sollevare conflitto di attribuzione con la Cassazione, davanti alla Corte Costituzionale. Questo provocherebbe un allungamento dei tempi e l’inevitabile slittamento della data del referendum. Ipotesi tutt’altro che sgradita ai paladini del sì, che potrebbero così rifiatare dopo le ultime difficoltà politiche del governo Renzi.