Prima udienza, davanti ai giudizi della prima sezione del tribunale di Brescia, del processo con imputato Piercamillo Davigo, accusato di rivelazione di segreto per aver diffuso in qualità di componente del Consiglio superiore della magistratura, in modo «informale e senza alcuna ragione ufficiale» - si legge nel capo d’imputazione - alcuni verbali segreti, «violando i doveri» legati alle sue funzioni e «abusando delle sue qualità». Il presidente del collegio, il giudice Roberto Spanò, ha ammesso le telecamere in aula, presenza a cui si sono opposti solo i pm Donato Greco e Francesco Milanesi. I verbali d’interrogatorio al centro del processo sono quelli dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara, che tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 aveva raccontato ai magistrati di Milano Laura Pedio e Paolo Storari della presunta loggia Ungheria, a cui apparterrebbero magistrati, politici, generali, banchieri, funzionari dello Stato e imprenditori. Storari riteneva che l’aggiunto Pedio (la procura di Brescia ha chiesto l’archiviazione) e l’allora procuratore di Milano Francesco Greco (già prosciolto dalle accuse) avrebbero "rallentato" le indagini così nell’aprile 2020 il magistrato consegnò all’allora consigliere del Csm una copia in word dei verbali di Amara. Davigo - presente in prima fila nell’aula al piano terra del tribunale - sostiene di aver avuto quelle carte in modo legittimo, in quando membro del Consiglio superiore della magistratura a cui il segreto non sarebbe opponibile. Due le prossime date fissate per il processo: il 24 maggio quando verrà ascoltato il pm Paolo Storari contro la cui assoluzione si è appellata la procura e il 28 giugno quando invece la parola passerà al vicepresidente del Csm David Ermini e ad alcuni consiglieri (Giuseppe Marra, Giuseppe Cascini, Ilaria Pepe).

Le dichiarazioni in aula, il giudice bacchetta Davigo: «La inviterei a calarsi nella parte dell’imputato...»

L’ex componente del Csm non sceglie il rito abbreviato, è favorevole a un’udienza pubblica e davanti al tribunale di Brescia non solleva nessuna questione di compatibilità ambientale «perché non ritengo si debba scappare dal giudice quando si è innocenti. Io - dice in brevi dichiarazioni spontanee - credo di avere delle ragioni che possono essere dimostrare da qualunque giudice». Davigo si è infatti detto subito pronto a essere ascoltato ma il giudice ha "concesso" solo brevi dichiarazioni spontanee in una seduta ricca di udienze e anche per garantire un certo ordine nel processo. «È difficile svestire la toga quando si è dall’altra parte, la inviterei a calarsi nella parte dell’imputato», sono le parole pronunciate dal giudice Spanò. Da parte sua Davigo in aula spiega che «la vicenda è molto più semplice di quella che sembra: ho fatto il mio dovere nelle uniche forme in cui andava fatto. Storari mi informa di una situazione che io ritengo legittima». «Mi viene contestata la rivelazione di segreto di ufficio al vicepresidente del Csm - aggiunge - ma non mi viene contestato di aver detto le stesse cose al primo presidente della Corte di Cassazione: perché è lecito se lo dico a Curzio e illecito se lo dico a Ermini? Questo il pubblico ministero deve spiegarmelo». «Vorrei sapere perché comportamenti identici a volte vengono considerati reati e altri no», aggiunge una volta fuori dall’aula Davigo che non si è opposto alla presenza delle telecamere in aula per «una vicenda che reputo molto importante per l’opinione pubblica».