«Questo governo della disumanità lascia morire in mare le persone ed è tutto normale, io ho cercato di salvarle e non posso mettere piede nel mio paese. Non ce la faccio più: cosa avrei fatto di male?». Domenico Lucano, sindaco sospeso di Riace, tiene in mano quell’unico foglio con il quale il gip del tribunale di Locri, Domenico Di Croce, gli nega ancora una volta l’ingresso nel suo paese. Le accuse sono pesanti: turbata libertà degli incanti - per aver affidato a due cooperative non iscritte all’inattivo albo regionale il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti - e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per aver organizzato un matrimonio tra una migrante e un uomo di Riace con lo scopo, secondo l’accusa, di farle ottenere il permesso di soggiorno. Un matrimonio poi mai celebrato, per il rifiuto di Lucano di officiarlo, date le difficoltà dello sposo anche a ricordare il nome della donna, ma sintomo, secondo l’accusa, di un metodo che, in realtà, si sarebbe concretizzato una sola volta, con un unico matrimonio accertato e, secondo i due sposi, «assolutamente vero». Per il gip - che ad ottobre scorso aveva smontato le accuse mosse dalla procura di Locri, criticando fortemente il metodo di indagine ed evidenziando che, laddove il reato c’è stato, è stato per «fini umanitari» e per garantire agli immigrati arrivati a Riace «un miglior regime di vita» - l’istanza presentata l’11 gennaio dai legali di Lucano non avrebbe aggiunto nulla agli atti già valutati in una prima fase delle indagini, che aveva portato ad una revoca degli arresti domiciliari e ad una concessione del divieto di dimora. Gli atti proposti dagli avvocati, scrive il giudice nel documento con il quale ha rigettato la richiesta di revoca delle misure cautelari, non avrebbe portato elementi idonei a ritenere «il venir meno del rischio di reiterazione delittuosa da parte del Lucano», motivo per cui dovrà restare lontano dal paese che, per tre mandati, ha amministrato. Una decisione che, oggi, getta Mimmo “il curdo” nello sconforto, anche alla luce del naufragio nel Mediterraneo che ha provocato, sabato, la morte di 117 persone. Morti provocate «da un’ottica politica - spiega al Dubbio - diametralmente opposta a quella adottata a Riace». «Mi sembra tutto paradossale - afferma -. Il gip, che pure aveva smontato le pesanti accuse che mi erano state mosse, evidenziando che non ho mai usato i soldi dell’accoglienza per arricchirmi, ha fatto una valutazione tecnica, come era normale aspettarsi. Ma se fanno questo a me, che non volevo fare altro che salvare delle vite, cosa dovrebbero fare ad un ministro come Salvini e a questo governo?». Le accuse di Lucano sono chiare: di fronte ad una politica che sceglie di abbandonare in mare le persone pur di far valere il proprio ruolo in Europa, la magistratura punisce chi ha tentato di aiutare i migranti a non morire per mare e a vivere una vita dignitosa. E dare la colpa agli scafisti, aggiunge, è come guardare il dito anziché la luna. «Trovo inutile e deprimente dare la colpa ai mercanti di vite che trasportano i migranti per mare - afferma Lucano -. La colpa è di un mondo ingiusto che non dà speranza a queste persone, la colpa è di chi, con una politica di sfruttamento, li costringe ad affrontare questi viaggi con il rischio di morire, la colpa è di governi come quello italiano, che si accontentano di veder morire i bambini pur di poter dire “ ci facciamo rispettare”». Lucano si dice fiducioso nella possibilità di dimostrare, nel corso di un eventuale processo, la propria buona fede e la bontà delle proprie azioni amministrative. Ma le indagini che lo vedono coinvolto ormai da due anni lo hanno sfiancato, al punto da voler quasi gettare la spugna. «Mi sto deprimendo - spiega con un groppo alla gola -. Non posso far altro che star qui a rimuginare mentre vedo la gente morire. Ho pianto, ieri, quando ho saputo di quelle persone che hanno perso la vita in quel modo. E penso: se anche fosse vero che ho sbagliato, se anche ho violato la legge, il mio unico scopo era non far morire le persone che ho incontrato. Cosa avrei fatto di tanto sbagliato, se non cercare di evitare loro una fine così atroce? E cosa ci ho guadagnato io nel farlo? Niente, se non la gioia di vedere quelle persone sorridere di nuovo, una volta sicure di essere fuggite da morte certa». Parole che si associano ad un giudizio impietoso sull’attuale governo, un governo «della disumanità», aggiunge. «Salvini - conclude - non ha avuto pietà nemmeno per una bambina di due mesi, che nessuna colpa aveva ed ha perso la vita solo perché la sua famiglia cercava di salvarla da un destino fatto di dolore. Come fa a dormire la notte?».