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Lunedì, dopo giorni di acceso dibattito, è arrivato anche l'imprimatur definitivo da parte dell'Associazione nazionale magistrati. Come inizialmente anticipato solo da Area, il cartello che unisce Magistratura Democratica e Movimento per la giustizia, le anime di sinistra della magistratura, «improvvisazione» è l'unico termine che descrive al meglio il modo con cui il governo sta gestendo la riforma dell'età pensionabile delle toghe. Nessuna altra parola, almeno secondo i pm, sarebbe in grado di rappresentare il caos che si è creato dopo la legge Madia del 2014 che, abbassando di colpo da 75 a 70 anni l'età massima per la pensione dei magistrati, ha causato scoperture diffuse negli uffici giudiziari. Costringendo il governo, l'anno successivo, a correre ai ripari prorogando in servizio oltre 180 magistrati.Anche per l'Anm a guida Piercamillo Davigo, «prorogare il trattenimento in servizio, per un altro anno, dei magistrati che sarebbero dovuti andare in pensione alla data del 31 dicembre 2016, alcuni dei quali già destinatari di un anno di proroga per effetto di un provvedimento del 2015, conferma come la decisione del governo del 2014 sia stata errata visto che non ha fatto altro che peggiorare il progressivo vuoto di organico».L'Anm, prosegue il comunicato, «aveva già all'epoca previsto le ricadute negative dell'intervento per il sistema giudiziario, che puntualmente sono arrivate e oggi sono confermate dallo stesso esecutivo attraverso un provvedimento che, lungi dal migliorare le cose, in quanto frutto di improvvisazione (come dimostra la stessa formula del decreto legge), non favorisce il servizio giustizia ed anzi, oltre a prospettare possibili situazioni di disparità di trattamento, creerà disservizi anche allo stesso Csm il quale ha già pubblicato i bandi per il conferimento di numerosi incarichi che, in tal modo, subirà uno slittamento».«Una politica giudiziaria lungimirante, al contrario - conclude l'Anm - richiederebbe in questo momento la velocizzazione dei tempi di reclutamento dei nuovi magistrati, l'adozione di misure finalizzate ad affrontare le difficoltà in cui versano gli uffici giudiziari e la reintroduzione dell'età pensionabile a 72 anni per tutti».Prima o poi, dunque, tutti i nodi vengono al pettine. Com'era facilmente immaginabile, le conseguenze del blocco del turn over per i dipendenti pubblici cominciano a farsi sentire in ogni comparto. Dal 2009, infatti, con l'entrata in vigore delle misure di spending review, sono consentite nuove assunzioni di personale solamente per il 25% dei risparmi derivati dalle uscite dell'anno precedente. Quindi, un nuovo assunto ogni quattro uscite.Il settore giustizia non è da meno. Al Tribunale di Milano, ad esempio, come scrivono in una relazione gli ispettori del ministero della Giustizia, su 32 posti di presidente di sezione (tra penale e civile) ne sono coperti 25, di 257 ruoli da giudice ne sono assegnati 229.Ma se negli altri settori della Pubblica Amministrazione il blocco del turn over è ormai visto con rassegnazione, nel settore giustizia ha il sapore della beffa.A fronte, infatti, di questa stretta sulle nuove assunzioni, il citato abbassamento dell'età pensionabile per le toghe, oltre al disagio di aver creato centinaia di scoperture nelle piante organiche dei tribunali, sta producendo un danno per finanze pubbliche.Invece di portare un risparmio, visti i tempi, non ha fatto altro che aumentare la spesa pensionistica. Trattandosi di magistrati assunti quando era ancora in vigore il sistema retributivo e non il contributivo, sono andati in pensione con l'80% circa dell'ultima retribuzione.Disagi per le scoperture organiche e costi aggiuntivi per le finanze pubbliche che potevano essere risparmiati se, come scrisse in una delibera il Plenum del Csm, fosse stato previsto un graduale abbassamento dell'età pensionabile, inserendo anche delle norme transitorie ad hoc.A questo punto, visto che la proroga riguarderebbe circa 180 magistrati, e di fatto cambierebbe molto poco in ottica di funzionalità ed efficienza, la voce fra gli "addetti ai lavori" è che si tratterebbe di un provvedimento ad personam. Fatto soprattutto per salvare alti magistrati dalla non gradita pensione. Magistrati che, questa volta, non potranno contare sull'aiuto del loro potente sindacato di categoria. Spetterà a Matteo Renzi mettere l'ultima parola su questo tormentone. Rottamandoli o salvandoli.