«Il Daspo a vita per i corrotti? Non serve a nulla». «La pace fiscale? Il condono non educa al rispetto della legge». Parola di Piercamillo Davigo, intervistato la scorsa sera da Giovanni Floris su La 7.

Interrotto dagli applausi scroscianti del pubblico in visibilio, l’ex pm di Mani pulite e attuale consigliere a Palazzo dei Marescialli ha bocciato senza appello lo ‘ spazza corrotti’ e la ‘ pace fiscale’, i due provvedimenti di punta del Governo giallo- verde e su cui si gioca molto del futuro della legislatura.

Il Daspo, inserito nella legge anti- corruzione voluta dal ministro della Giustizia, nelle intenzioni di Alfonso Bonafede, oltre a debellare i fenomeni corruttivi dal Paese, «permetterà all’Italia di andare a testa alta nel mondo». Il funzionamento del Daspo è semplice: chi è condannatoper corruzione non avrà più la possibilità di stipulare contratti con la Pubblica amministrazione.

«Le persone fisiche sceglieranno allora un prestanome e le società cambieranno nome», puntualizza tagliente Davigo, e ciò renderà di fatto «inutile» il Daspo.

La “pace fiscale”, il maxi condono delle cartelle fino a 500.000 euro, cavallo di battaglia di Matteo Salvini, è invece il segnale che in Italia «fare l’evasore conviene», precisa il magistrato. Dopo le bocciature è però il turno dei suggerimenti al Governo Conte. La ricetta Davigo parte da una premessa: «In galera è difficile andarci» e «chi si comporta male è premiato».

Il motivo? Va rintracciato «nel sistema sanzionatorio dissennato: i giudici si attengono ai minimi e non ai massimi delle pene, bisogna alzare i minimi se vogliamo avere persone in carcere», dice Davigo, che si conferma in assoluto la toga più esperta per capacità mediatica, offrendo al pubblico ciò che vuole sentirsi dire in tempi di giustizialismo dilagante.

Sulle non comuni doti comunicative il top viene raggiunto quando le domande si spostano sulla sua nuova veste di consigliere del Csm. Al quesito sul sorteggio dei componenti togati del Csm, una proposte caldeggiata anche da Bonafede, per togliere potere alle correnti della magistratura affidando la scelta alla dea bendata, Davigo ha saputo glissare e passare oltre con una modalità tale che neppure l’intervistatore si ricordava della domanda fatta.

A chi gli faceva allora notare che lui aveva creato una corrente ( Autonomia& indipendenza, ndr), dopo aver precisato che i magistrati «hanno diritto di associarsi liberamente in correnti», precisava che i 2500 voti presi alle ultime elezioni per il rinnovo del Csm erano «per me e non per la mia corrente». Risposta che non avrà fatto felici i colleghi che si sono candidati e non sono stati eletti. Un accenno, infine, alla elezione del dem David Ermini a vicepresidente del Csm. «Non l’ho votato: volevo una persona meno coinvolta in attività di partito».