Giovedì notte un giovane di soli 20 anni dalla doppia nazionalità italo-albanese, è stato trovato morto nella cella del carcere di Pavia. Si è tolto la vita arrotolandosi il lenzuolo attorno al collo e stringendolo fino a strangolarsi. Il 2022 si conclude con 83 suicidi. Finisce così l’Annus horribilis per quanto riguarda i decessi in carcere. Un numero di suicidi mai avuto negli ultimi vent’anni.

Il carcere, quindi, continua a mietere vittime. Un anno che sembra aver fatto una strage di giovani e l’ultima tragedia sembra confermarlo. Dal recente studio pubblicato dal Garante nazionale delle persone private della libertà, col quale si è esaminato un campione di una quindicina di casi per tentare una possibile decodifica dell’incremento recente dei suicidi, si rileva che ben nove hanno riguardato giovani al di sotto dei trent’anni e altri tre tra i trenta e i quarant’anni: tutte persone che non avevano già vissuto una esperienza di lunga detenzione; al contrario, ben otto (quindi più della metà) era in attesa del giudizio di primo grado. Altro elemento che emerge dall’introduzione dello studio a firma di Mauro Palma, è la correlazione che a prima vista appare diretta con diversi casi di suicidio: si tratta di persone già segnalate all’interno dei cosiddetti “eventi critici”, non solo di natura autoaggressiva, molto spesso con un passato di disturbi comportamentali già segnalati.

Si conferma simmetricamente la percentuale alta di coloro che, definitivi, erano prossimi al termine dell’esecuzione penale. Un quadro che tende a dare l’immagine di una difficoltà soggettiva amplificata nel rapporto improvviso non solo con la privazione della libertà, ma con la sua concretizzazione in un ambiente degradato dove alla percepita irrilevanza da parte del mondo esterno si aggiunge la specifica irrilevanza vissuta all’interno di un ambiente stressato e impersonale.

A parte la recente circolare del Dap che ha cercato di dare avvio – senza ancora una riforma radicale da parte della politica - a ciò che è stato indicato dalla commissione Ruotolo, ancora nulla di concreto è stato realizzato. Ma cosa bisogna fare per evitare un altro anno in cui le nostre carceri appaiono piene di cappelle mortuarie e dove le celle possono essere scambiate con dei veri e propri “cubicoli”? Il Dubbio non può che affidarsi alle osservazioni del Garante nazionale stesso.

La prima direzione verso cui agire è quella di una immissione di figure di mediazione sociale e supporto all’interno degli Istituti, con profili differenziati così come molteplice è ormai la complessità esterna, ridefinendo, quindi, le professionalità esistenti e investendo, oltre che sul numero, sulla tipologia del loro intervento: non può essere un compito affidato agli agenti penitenziari.

La seconda direzione va anch’essa nella riduzione della distanza con l’esterno: sia nel forte incremento delle possibilità di connessione – ovviamente in condizioni di sicurezza – con i propri affetti, sia nella loro regolata normalità e nell’utilizzo positivo di quanto offerto con ritmi sempre più serrati dalle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Ed è ciò che il vicecapo del Dap Carmelo Cantone ha già spiegato a Il Dubbio: ovvero proseguire e potenziare le novità introdotte durante l’emergenza covid.

La terza direzione indicata dal Garante deve andare nella riduzione dei numeri e nella conseguente maggiore presa in carico delle persone soprattutto al loro ingresso. Una riduzione da non ricercare con soluzioni temporanee, provvisorie, destinate a essere superate dall’inevitabile ripresentarsi della difficoltà dopo un certo tempo. Occorre restringere la platea delle persone in carcere. E infatti tuttora risultano 1492 detenuti che scontano una pena inferiore a un anno, mentre altri 2608 scontano una pensa compresa tra uno e due anni. Perché sono in carcere?

Non aiuta pensare che ora rientreranno in carcere 700 persone in semilibertà, dopo che per due anni e mezzo hanno usufruito di licenze continuate che permettevano loro di trascorrere le notti a casa. Ci si augura che il ministro della giustizia Carlo Nordio, indubbiamente sensibile alla tematica, accolga le varie osservazioni. Comprese quelle riportate nell’appello de Il Dubbio.