«Nell’incontro di pochi giorni fa è emersa la disponibilità del ministero della Giustizia ad ascoltare e a capire le preoccupazioni reali dell’avvocatura. Non abbiamo mai voluto sollevare sterili polemiche». La presidente del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, commenta così l’esito della riunione con il capo di Gabinetto del ministero della Giustizia, Alberto Rizzo. «L’incontro – aggiunge Masi – è stato utile da un punto di vista tecnico per capire i tempi sull’adeguatezza e sull’adeguamento degli strumenti informatici connessi all’anticipazione della riforma civile». Secondo la presidente del Cnf, in questo momento storico occorre avere la forza di far comprendere all’Europa che le sue richieste devono essere sincronizzate con le esigenze che si presentano a livello nazionale. Il riferimento è al processo giusto, con tempi ragionevoli, che possa oggettivamente realizzarsi. «Il rischio – commenta la rappresentante dell’avvocatura istituzionale - è di vanificare tanti sacrifici, senza neppure il miraggio del risultato auspicato da parte dell’Europa».

Presidente Masi, l’incontro con il capo di Gabinetto del ministero della Giustizia ha consentito di evidenziare la posizione chiara dell’avvocatura, dopo l’annuncio dell’anticipazione della riforma civile. L’inizio di un dialogo costruttivo?

È stato un incontro finalizzato all’ascolto, per capire in che modo l’avvocatura può dare un contributo utile e funzionale rispetto all’anticipazione di norme i cui contenuti sono stati oggetto di numerosi interventi. È un tema sul quale avevamo avuto già modo di esprimere notevoli perplessità. In questi mesi, dall’alba delle riforme, l’avvocatura non si è limitata soltanto a contestare il metodo di intervento sui riti. Mi riferisco anche a quanto l’Europa chiede. Quest’ultima è considerata una sorta di soggetto metafisico. Anche sui contenuti la presenza dell’avvocatura, quando richiesta, è stata finalizzata a fornire contributi pratici e punti di vista tecnici. Abbiamo rilevato con amarezza che le osservazioni dell’avvocatura sono state recepite in minima parte. Al tempo stesso non abbiamo nessuna volontà di boicottare. Vogliamo però sottolineare il senso di giustizia che deve interessare ogni riforma. L’anticipazione della riforma civile, è utile ricordarlo, pone dei problemi di interpretazione rispetto ai principi, così come enunciati dalla legge di bilancio con riferimento al dettato delle norme approvate e alle proroghe. In questo contesto si aggiungono delle difficoltà.

Quali?

La prima difficoltà per chi opera dal 1 gennaio, dato che alcune norme sono operative già da quella data, è quella di capire cosa si deve considerare anticipato e in questa eventualità quale regime privilegiare. Con riferimento ad alcuni aspetti legati al processo di cognizione e agli strumenti delle Adr si pone un problema interpretativo serio. Inoltre, sempre con riferimento a due ambiti, al processo di cognizione e al Tribunale delle persone e delle famiglie, l’anticipo di quattro mesi pone questioni rilevanti. La riforma è stata considerata con favore nella parte dedicata alle persone, alle famiglie e ai minorenni. Proprio per questo il differimento dell’entrata in vigore era funzionale all’adeguamento degli strumenti e delle risorse, a partire da quelle umane. Servirà un nuovo approccio rispetto al personale di cancelleria, che ha lavorato con precise modalità rispetto a determinati adempimenti. È emersa inoltre l’esigenza che funzioni bene lo strumento.

In questo contesto si aggancia il tema delicato della digitalizzazione. Siamo davvero pronti?

Quando parliamo di processo telematico non facciamo riferimento ad una terza forma di processo. La trattazione scritta è una forma relegata ad una modalità. Io non faccio udienza in presenza, è una trattazione scritta che non può pregiudicare il diritto di difesa. I provvedimenti che la regolano non possono dire altro rispetto alla norma. Uno strumento, dunque, non può sostituire la norma. Rispetto alle nostre doglianze, la tempestività da parte del ministero della Giustizia e del capo di Gabinetto, Alberto Rizzo, è stata immediata. Nella stessa giornata abbiamo avuto occasione di parlare con il responsabile del Dgsia, il quale ha riferito che ci saranno alcune interruzioni sul telematico, necessarie e funzionali all’adeguamento delle strutture. Per poter attrezzare alcuni uffici sono necessari degli interventi mirati.

Il Consiglio nazionale forense cosa ha chiesto?

Abbiamo rilevato l’esigenza che ci sia una comunicazione preventiva, la più ampia possibile, per consentire agli avvocati di farsi trovare pronti e non affrontare disagi. Su questo il ministero ha offerto ampie rassicurazioni. Non è avvenuto lo stesso, ma non poteva essere diversamente, sulla tempistica legata all’adeguamento delle strutture presso i Tribunali dei minori. Abbiamo osservato che anticipare delle norme che coinvolgono uffici non ancora attrezzati non ha senso. Si rischiano solo confusione e incertezza nell’applicazione di nuove norme sotto il profilo processuale. Ecco perché ho sottolineato che la posizione dell’avvocatura nel processo è marginale e sulle parti grava il maggior peso degli oneri delle responsabilità. Ci troviamo di fronte all’incertezza della norma da applicare e all’inadeguatezza degli strumenti a disposizione. Abbiamo avuto la rassicurazione da parte del ministero della Giustizia in merito al coinvolgimento dell’avvocatura per verificare la compatibilità delle norme rispetto alla reale attuazione e con la possibilità di interventi correttivi. Il nostro contributo tecnico non mancherà.

Quali sono le aspettative dell’avvocatura in questo nuovo anno?

Sono sicuramente tante. Io penso che prevalga soprattutto un sentimento di attesa, unito a timore rispetto allo scenario internazionale. Se guardiano alla quotidianità, notiamo che i Tribunali sono ingiustificatamente vuoti. Un’azione che non possiamo abbandonare riguarda la restituzione alla difesa di una funzione essenziale per avere processi giusti. L’avvocatura si sta impegnando anche sotto il profilo culturale per affrontare la delicata fase di cambiamento che ci riguarda, nonostante coltivi riserve sull’utilità di strumenti alternativi che fungono da filtro. Lunga vita agli strumenti complementari alla giustizia. C’è una adesione formale e c’è una partecipazione anche reale, si pensi agli investimenti dell’avvocatura in termini di formazione, ma l’idea che possano essere considerati filtri stona con la funzione della giustizia. L’ottimismo, però, non deve mai mancare.