Dal 21 novembre scorso per lo stato di New York la cannabis non è più una sostanza proibita e può essere consumata anche a scopo ricreativo. Non si tratta di una novità assoluta, anche altri stati come Washington, Colorado Alaska, Oregon, California Massachussets, Maine e Nevada seguono da tempo la strada della legalizzazione totale. Solo che a New York, dove si è scatenata la corsa per ottenere le licenze di vendita (oltre mille domande in una settimana), le autorità hanno aperto una corsia preferenziale per le «vittime della guerra alla droga», ovvero per tutti colori che hanno subito condanne relative al possesso ma anche allo spaccio di marijuana prima del 31 marzo 2021. A loro verrà data priorità per gestire i primi 150 punti vendita. Un provvedimento che a prima vista potrebbe indignare i benpensanti, ma che si fonda una precisa ragione come spiega lavvocato Jeffrey Hoffman, esperto di questioni legali attorno alla cannabis: «È un perfetto esempio di giustizia riparatrice che va a risarcire tutto il male che la penalizzazione ha provocato, specialmente negli strati più sfavoriti della società, afroamericani e ispanici». In effetti per diversi decenni New York ha adottato norme severissime nei confronti della vendita e del consumo di cannabis. La legge del governatore Nelson Rockfeller del 1973, ispirata ai precetti della war on drug del presidente Nixon non distingueva tra droghe leggere e pesanti e prevedeva la pena minima di 15 di prigione per chi possedeva più di 110 grammi di erba