Nessuna discussione, nessuna vera fibrillazione. Ma l’approdo degli emendamenti al dl rave in Commissione Giustizia al Senato conferma quella che ai più appare già come una certezza: la divisione abbastanza netta tra giustizialisti e garantisti nella maggioranza del governo Meloni. A far emergere le differenze è ancora una volta la norma che mira a colpire i raduni musicali, per la quale l’esecutivo ha annunciato l’intenzione di depositare due emendamenti finalizzati a garantire la possibilità di intercettare chi organizza i rave. E nonostante il tentativo di Forza Italia di abbassare le pene previste per evitare le intercettazioni, la strada che Lega e Fratelli d’Italia hanno intenzione di seguire appare nettamente diversa. Ciò nonostante le aperture dello stesso esecutivo all’indomani dell’approvazione del decreto in Consiglio dei ministri, quando il governo si disse disposto a cambiare la norma dati i dubbi degli esperti sulla sua costituzionalità e le forti polemiche sulla possibilità di intercettare i giovani. A tentare di correggere tale eccesso in maggioranza è stato il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, che ha presentato un emendamento che abbassa a quattro anni il massimo della pena prevista, rendendo dunque impossibili le intercettazioni. Intenzione manifestata già nei giorni scorsi, quando era intervenuto in Commissione chiarendo di voler evitare qualsiasi deriva liberticida. Ma il senatore di FdI Sergio Rastrelli ha subito ribadito il punto: «Il nuovo reato anticipa la condotta penalmente rilevante - aveva evidenziato – ed in questo senso la forbice edittale prevista è conferente rispetto all’obiettivo di politica criminale che si intende perseguire: le intercettazioni sono peraltro funzionali proprio a consentire l’attività di prevenzione e impedire praticamente che si svolgano questi raduni illegali». La Lega sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda, come dimostrano gli emendamenti già depositati, che confermano la volontà di punire con pene dai tre ai sei anni chiunque organizzi un rave. «Spero a breve, già entro stasera, di poter presentare gli emendamenti al decreto, che sono ora all'esame del Mef - ha detto ieri all’Ansa, al termine della seduta della Commissione Giustizia del Senato, il sottosegretario Andrea Ostellari -. Così vedrete quanto sono state inutili le polemiche sollevate contro il decreto, sia per quanto riguarda le pene previste, sia per quanto concerne la possibilità di fare intercettazioni, perché nel codice già si prevede che si possano fare intercettazioni nel caso dei “mega-raduni-invasioni” di cui si parla nell'articolo 633 del codice penale. La collocazione sistematica del Rave nell'articolo 633 - ha aggiunto - fa cadere tutte le polemiche inutili su pene e intercettazioni. Vedrete». Dichiarazioni, quelle del sottosegretario, che dunque confermano le tensioni tra le due anime del governo: quella dura portata avanti da Fratelli d’Italia e Lega e quella garantista rappresentata da Forza Italia. Che però potrebbe portare a casa almeno un risultato: rendere più specifico il perimetro del nuovo reato. La versione scritta da Zanettin prevede infatti che siano punibili solo i raduni musicali con più di 100 persone, raduni dove avviene spaccio di droga e dai quali derivino pericoli non per l’ordine pubblico, ma per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica, riscrittura che trova la sua ratio nell’intento dichiarato di «evitare di essere accusati dell’introduzione di norme liberticide da Stato di polizia». E da quanto appreso, il senatore forzista sarebbe intenzionato a difendere fino alla fine i suoi emendamenti. Ma il governo sta per depositare anche un altro emendamento, relativo alla parte del decreto che riguarda la Riforma Cartabia. Una proposta di modifica, ha spiegato Ostellari, che va «a integrare la Riforma. Sono degli interventi applicativi, delle norme transitorie per rendere più applicabile l'intera normativa». Fin qui nulla di sorprendente: si tratta di quelle misure necessarie a gestire il passaggio al nuovo modello, e relative soprattutto a indagini e udienza preliminare, ampiamente reclamate dalla magistratura. Ma al momento in cui scriviamo, ancora non si può escludere che da via Arenula arrivi anche un intervento per limitare le scarcerazioni relative a quei reati per i quali la riforma introduce una perseguibilità solo d'ufficio, questione di cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato anche all'incontro di giovedì scorso con gli esponenti dell’Anm. Ma rimane in ballo anche un’altra questione, ovvero l’emendamento presentato da Zanettin relativo all’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. «Mi stupirei che la maggioranza di centrodestra dovesse non condividere uno degli aspetti del programma elettorale presentato agli elettori», sul quale «tutti abbiamo ottenuto il consenso», ha commentato il senatore forzista. Che forse ha subodorato l’intenzione di congelare la questione e prova dunque a stanare gli alleati. Per Zanettin, «l’emendamento è ammissibile, visto che il dl interviene anche sulla riforma Cartabia, nella parte dedicata al processo penale». Un avviso ai compagni di viaggio, forse. Ma per scoprirlo toccherà attendere il 6 dicembre, quando la Commissione Giustizia inizierà il voto degli emendamenti. «Sarà una seduta fiume - ha già annunciato la presidente Giulia Bongiorno -, perché dovremo finire l'esame del testo che è poi atteso in Aula per il 12 dicembre».