Nelle 310 pagine della bozza di legge di Bilancio ci sono capitoli dedicati alla giustizia. L’art. 150 prevede che il «Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (il testo attuativo della riforma penale di Cartabia, ndr) è incrementato di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2023». Su questo ci spiega il consigliere dell’ex guardasigilli Marta Cartabia, Gian Luigi Gatta: «Si tratta di un atto dovuto, che fa seguito a un impegno preso dal governo con l’Anci. Nel parere favorevole reso lo scorso 8 settembre dalla Conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto legislativo in tema di giustizia riparativa, poi sfociato nel d.lgs. n. 150/2022, si dà conto di come l’Anci abbia sottolineato l’esigenza di aumentare le risorse economiche, 4 milioni di euro, messe a disposizione dei Comuni per la gestione dei centri di giustizia riparativa, e di come il parare favorevole sia stato reso anche a fronte dell’impegno di integrare quelle risorse». Ma è l’art. 154 della Manovra, relativo a “‘Misure di razionalizzazione della spesa e di risparmio connesse all’andamento effettivo della spesa”, quello che sta suscitando le più forti polemiche. «A decorrere dall’anno 2023 – si legge – il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, assicura, mediante la riorganizzazione e l’efficientamento dei servizi degli istituti penitenziari presenti su tutto il territorio nazionale, in particolare con la ripianificazione dei posti di servizio e la razionalizzazione del personale, il conseguimento di risparmi di spesa non inferiori a 9.577.000 euro per l’anno 2023, 15.400.237 euro per l’anno 2024 e 10.968.518 euro annui a decorrere dall’anno 2025». Inoltre, presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, si prevede «la razionalizzazione della gestione del servizio mensa per il personale». Ebbene, i sindacati di Polizia penitenziaria sono sul piede di guerra. «Hanno disatteso tutti gli impegni presi in campagna elettorale verso le forze di polizia. Siamo dinanzi a una profonda scorrettezza istituzionale nei nostri confronti», ci dice Donato Capece, segretario generale del Sappe. E si annuncia la discesa in piazza: «Nonostante il nostro acclarato senso di responsabilità», si legge in una nota dei segretari generali dei sindacati Siulp, Sap e Siap (per Polizia di Stato), Sappe (per Polizia Penitenziaria) e Cocer-Carabinieri, «dovremo aggiungere, alla delusione, la convinzione che l’unica strada rimasta per tutelare la sicurezza dei cittadini e i diritti e la dignità di chi la garantisce anche in tema di esecuzione e certezza della pena, sarà la protesta». Anche la Uilpa, con il segretario Gennarino De Fazio, è molto critica nei confronti del governo Meloni: «Al peggio non c’è mai fine». Secondo il sindacalista, «a fronte di 18mila unità mancanti al corpo di Polizia penitenziaria, 85 suicidi (80 fra i detenuti e 5 fra gli operatori) dall’inizio dell’anno, strutture degradanti, penuria e inefficacia di automezzi, equipaggiamenti e strumentazioni, siamo letteralmente esterrefatti e increduli. Se poi mettiamo tutto ciò in relazione a quanto affermato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel discorso sulla fiducia alla Camera e con le ripetute dichiarazioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio e dei sottosegretari, che promettono il miglioramento delle condizioni di lavoro, ci sembra di trovarci su scherzi a parte». Pure dall’opposizione arrivano critiche. Il senatore Ivan Scalfarotto (Az-Iv) da twitter: «Assurdo che si legga di tagli al personale penitenziario contenuti nell’ultima bozza della Manovra: nell’anno degli 80 suicidi nelle carceri non ci si aspetterebbero tagli, ma investimenti su strutture e personale. Nordio si opponga a questo scandalo». Dal Partito democratico raccogliamo la dichiarazione del senatore Franco Mirabelli: «Leggo che un taglio significativo dei fondi per la Polizia penitenziaria viene catalogato come spending review. In realtà siamo in presenza non di una razionalizzazione dei costi, bensì della negazione di un’esigenza drammatica che c’è nelle carceri italiane, dove servirebbe investire di più da un lato per garantire il lavoro della Polizia penitenziaria e dall’altro per gestire le misure alternative al carcere, che sono uno dei fondamenti della riforma Cartabia. Su quest’ultimo punto purtroppo non vedo scritto nulla nella bozza della legge di Bilancio. Insomma è una manovra che mi pare metta davvero in discussione la tenuta del sistema penitenziario e dall’altra parte renda più complicato riuscire a governare le riforme che abbiamo appena fatto con l’ex guardasigilli». Dal M5S interviene la deputata Valentina D’Orso, capogruppo in commissione Giustizia: «Se veramente il governo intende tagliare oltre 35 milioni di euro al Dap nei prossimi tre anni, la scelta è profondamente sbagliata e irresponsabile. Che questo taglio giunga da chi come FdI per anni si è riempito la bocca di retorica in difesa del personale che lavora nelle nostre carceri, è semplicemente grottesco». Nella bozza si prevede anche che «le spese di giustizia per le intercettazioni e comunicazioni sono ridotte di 1.575.136 euro annui a decorrere dal 2023». Secondo il pm romano Eugenio Albamonte, segretario di Area Dg, «sembra che il tema sia trattato come una bandierina che si vuole piantare per dare continuità alle promesse elettorali, senza una attenzione specifica alla questione. Leggo dai dati ministeriali che il bilancio speso per le intercettazioni è già pari al 2% dell’intero stanziamento sulla giustizia. Ora si prevedono altri tagli, senza alcuna valutazione reale in termini di impatto economico». Per il pm «il tema delle intercettazioni è nevralgico soprattutto per lo svolgimento di un certo tipo di indagini. Io mi occupo anche di reati commessi in rete: le intercettazioni telematiche costituiscono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione per contrastare fenomeni come cyberterrorismo e attacchi informatici». Il commento finale è amaro: «Ci eravamo abituati alla mancata attenzione verso le disfunzioni della giustizia nei nostri uffici, da un certo momento dell’anno in poi non c’è più carta igienica, né carta per fare le fotocopie, né toner per la stampante, ma non vorremmo abituarci a veder esaurite le spese per le attività investigative».