Il dl del 31 ottobre (rinvio Cartabia, ergastolo ostativo, rave party) va modificato sotto diversi aspetti. Questa la sintesi delle audizioni informali tenutesi ieri in Commissione Giustizia del Senato. Oggi ultimo round. Ad aprire i lavori il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. Per la sua particolare situazione, ovvero quello di giudice a quo a cui qualche settimana fa la Consulta ha rinviato gli atti sul decreto legge attualmente vigente in materia di fine pena mai, il suo intervento è stato diplomatico e molto tecnico. Nessun accenno ai paletti stringenti a cui saranno chiamati i detenuti che vorranno accedere alla liberazione condizionale. Solo riferimenti molto dettagliati sulla norma, come il «difetto di coordinamento tra il nuovo 1 bis. 2 e 1. ter: ci sono reati che sono previsti sia nell’ 1 ter, che prevede un regime meno severo per l’accesso ai benefici, che nell’ 1 bis. 2».

Poi un passaggio sui permessi premio: «Diventano competenza del Tribunale di Sorveglianza ma non per tutti i detenuti e neanche per tutti quelli sottoposti al 4 bis prima fascia. Scelta discutibile perché elimina un grado di merito solo per alcuni. Bisognerà valutare se tale previsione è compatibile con l’art. 3 della Costituzione». Per quanto concerne il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia ha chiesto una disciplina transitoria su quattro aree: «Indagini preliminari, udienza pre- dibattimentale nei procedimenti a citazione diretta, procedibilità d’ufficio a querela che tocca reati importanti, trattazione scritta nei giudizi di impugnazione». Per la norma anti-rave: «Non raggiunge lo scopo e c’è una anticipazione eccessiva della soglia di punibilità».

Tra gli auditi anche il professor Vittorio Manes per cui «la disciplina contenuta nel dl tende ad alterare gli equilibri del sistema». La norma sull’ostativo amplia il catalogo dei reati a cui si applica il 4 bis «fino a ricomprendere persino reati comuni che risultino collegati con fattispecie ostative (ai reati ostativi di prima fascia) da un nesso teleologico». Inoltre si va ad «aggravare significativamente i compiti e gli oneri probatori in capo ai difensori e a richiedere una sorta di prova impossibile».

Sull’eventuale estensione del catalogo si è espresso anche l’avvocato Michele Passione: «Si registrerebbe un aumento esponenziale dell’overcrowding penitenziario, certamente concorrente nello spaventoso aumento dei suicidi in carcere». Il legale poi critica il fatto che tra i requisiti per l’accesso alla liberazione condizionale ci siano iniziative a favore delle vittime, sia in forme risarcitorie che sottoforma di giustizia riparativa. «Tutte le fonti internazionali – ha detto Passione – rendono assolutamente incontrovertibile come la giustizia riparativa non possa mai essere imposta, e tantomeno posta come condizione per ottenere qualcosa». «Potrebbe rivelarsi importante - se non decisiva- la soppressione dell’avverbio “eventualmente” contenuto nel nuovo comma 1bis» : questa una delle proposte illustrate invece dal giudice di Sorveglianza di Roma Marco Patarnello sull’ostativo. Il magistrato si riferisce «alle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione».

Per lui «se è certo che in linea di principio possono ricorrere situazioni capaci di rendere “lacerante” - e quindi “non esigibile” - la richiesta dello Stato di collaborare, sembra altrettanto evidente che - a fronte della “vastità criminale dell’Antistato” e di condotte associative mafiose o terroristiche capaci di asservire interi territori - solo l’effettivo ricorrere di tale apprezzabile lacerazione personale può legittimamente giustificare la decisione di non collaborare».

Per il costituzionalista Francesco Clementi sebbene gli intenti della norma anti rave party possano ritenersi condivisibili, tuttavia quanto approvato in Cdm risulta ambiguo – non riesce a distinguere tra un rave ed una festa di compleanno - e sproporzionato, non solo per l’entità delle pene previste ma altresì perché adotta misure previste dal Codice Antimafia. L’altro costituzionalista intervenuto è stato Giovanni Guzzetta sempre sull’art. 434 bis: «L’uso di argomenti allarmistici sui profili di presunta incostituzionalità della norma dovrebbero richiedere assai maggiore cautela, anche per non creare eccessiva preoccupazione nell’opinione pubblica».

C’è una violazione delle libertà costituzionalmente garantite di riunione e circolazione? Non per Guzzetta, che spiega: «Il godimento di una libertà non può prescindere da alcuni presupposti, prima tra tutti è che il titolare abbia la disponibilità materiale e giuridica dei mezzi attraverso i quali intende godere di quella libertà. Nessuno potrebbe ritenere che essere titolare della libertà di circolazione sia titolo sufficiente per circolare ovunque, a prescindere dal regime giuridico dello spazio in cui lo si intende fare».

Idem per la libertà di riunione. Insomma il professore fa notare che «la norma colpisce l’accesso arbitrario a luoghi in quali non si ha titolo per accedere: o perché non c’è il consenso del titolare o perché sono luoghi pubblici ma non di uso pubblico». Non si potrebbe mai andare dentro ad una caserma militare e organizzare un rave party solo perché la caserma è di proprietà pubblica.

Infine, «la norma così come è strutturata non si applica alle riunioni in luogo pubblico ai sensi dell'art. 17 della Costituzione, il luogo, cioè, l'accesso al quale non è “arbitrario”. Lì valgono le norme costituzionali e legislative sulla libertà di riunione in luogo pubblico». «Sono soddisfatta di questa prima giornata di audizioni. Alcuni di questi interventi possono essere utilizzati da noi commissari come spunti di riflessione per gli emendamenti», così la presidente della Commissione Giulia Bongiorno.