Governatori di tutto il mondo, unitevi. È il mantra di questi giorni sulla linea adatta velocità Bologna- Venezia, dopo la discesa in campo del presidente dell’Emilia- Romagna, Stefano Bonaccini per la segreteria del Pd, e le prese di posizione di quello del Veneto, Luca Zaia, in buona parte opposte alla linea della Lega.

Certo i due sono molto diversi l’uno dall’altro, a partire dallo schieramento politico di riferimento e all’idea di paese che ciascuno immagina. Il primo punta a ricostruire un centrosinistra azzoppato da anni di logoramento al governo e risultati elettorali ben al di sotto delle aspettative; l’obiettivo del secondo è invece quello di far tornare la Lega a essere un partito prettamente nordista, abbandonando la linea di partito della nazione messa in campo da Matteo Salvini e che ha portato, è vero, all’exploit delle Europee 2019, ma anche al tonfo delle ultime Politiche.

Ma Bonaccini e Zaia anche hanno molti punti in comune: guidano due delle regioni più ricche del paese, rispettivamente la quinta e la settima per Pil pro capite in base ai dati Istat 2021, (considerando le province autonome di Bolzano e Trento, che sono prima e terza) e sono stati entrambi rieletti alla presidenza delle proprie Regioni, con Zaia che è addirittura al terzo mandato e Bonaccini capace, in piena onda elettorale leghista, di fermare la conquista dell’Emilia- Romagna da parte del Carroccio.

Soprattutto, entrambi sono d’accordo circa la richiesta di concedere autonoma differenziata alle Regioni, tant’è che Bonaccini è stato l’unico presidente di Regione non leghista a unirsi al coro. Con tanto di tentativo di riposizionamento nelle ultime ore, visto che il campano Vincenzo De Luca e il pugliese Michele Emiliano sono contrari alla norma ma sono anche decisivi nella corsa alla segreteria del Pd.

Ma se Bonaccini è ormai entrato nella corsa allo scranno più alto del Nazareno e ne avrà per i prossimi tre mesi, non è ancora chiaro fin dove voglia spingersi Zaia nello spodestare Salvini dalla guida di via Bellerio. Certo un successo del presidente emiliano al Congresso dem potrebbe convincerlo a cercare il golpe interno e portare i due governatori più popolari d’Italia, assieme a De Luca, a guidare i due partiti più strutturati del paese.

Nei fatti, la distanza tra Zaia e Salvini è ormai innegabile. Nelle stesse ore in cui i deputati leghisti presentavano un progetto di legge per offrire un bonus di 20mila euro alle coppie che decidessero di sposarsi in Chiesa, Zaia spiegava che «non possiamo parlare dell’omosessualità come un problema» perché «vuol dire essere fuori dalla storia».

Per poi essere ricevuto ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa per parlare del suo ultimo libro: I pessimisti non fanno fortuna. Passa qualche ora e Salvini risponde «anche no» alla domanda, che lui stesso si è posto, se fosse giusto «pagare il canone Rai per guardare Fazio o i telegiornali di sinistra». Certo Zaia ha anche di non avere problemi con il leader leghista e di avere ancora due anni prima della scadenza del terzo mandato alla guida del Veneto. Ma, coincidenza del caso, tra due anni ci sono le Europee e chissà che un magro risultato del Carroccio non possa convincerlo a fare il grande salto.

Ma Salvini non sembra essere intenzionato a mollare lo scettro, e se dopo il risultato non soddisfacente delle Politiche non solo non ha lasciato ma anzi ha rilanciato, riuscendo a ottenere due ministeri di primo piano per la gestione del Pnrr come Economia, con Giancarlo Giorgetti, e Infrastrutture, che si è tenuto per sé. E cominciando poi un bombardamento mediatico quotidiano sui temi a lui più cari, come le pensioni, la flat tax e il ponte sullo Stretto, per cercare di contrastare l’ascesa di Giorgia Meloni. Tanto da contribuire allo scontro diplomatico con la Francia con quel tweet in cui spiegava che «l’aria è cambiata» dopo la scelta di Parigi, a differenza di Roma, di offrire un porto sicuro alla Ocean Viking.

La visione di Zaia, sull’immigrazione, è presto riassunta. «Ho sempre odiato il razzismo e il tema che poniamo è di coerenza, di rispetto della dignità umana e di legalità», ha detto. Parlando poi del Veneto come «terra dove l’accoglienza è un faro», ma anche «una comunità che chiede il rigoroso rispetto delle regole». Magari non sarà una battaglia traumatica, ma l’impressione è che prima o poi Luca Zaia, a scalzare Matteo Salvini da via Bellerio, ci proverà eccome.