Dodici minuti per morire indisturbato, impiccato ai pantaloni del pigiama, in una cella della famigerata sezione “Il Sestante” – finita sotto inchiesta grazie alla denuncia di Antigone - del carcere La Vallette di Torino. Si chiamava Roberto Del Gaudio e la vicenda è ora al centro di un processo in cui tre agenti di polizia penitenziaria sono imputati di omicidio colposo per omessa vigilanza. La procura contesta anche un tentativo di coprire tale omissione. Ora si è entrati nel vivo del processo, dove le parti civili sono i familiari di Del Gaudio, rappresentati dall'avvocato Riccardo Magarelli, e il garante nazionale dei detenuti, rappresentato dall'avvocato Davide Mosso.

L’uomo, il 10 novembre 2019, si impiccò nella sua cella dove era detenuto dal 18 agosto precedente, quando uccise a colpi di sgorbia la moglie Brigida De Maio, di un anno più giovane, in un appartamento del palazzo di corso Orbassano 255 a Torino. Secondo i pm Francesco Pelosi e Giulia Marchetti, che hanno condotto le indagini, i tre avrebbero dovuto controllarlo a vista in quanto affetto da psicosi paranoide e ad alto rischio di togliersi la vita e invece sarebbero intervenuti ben 12 minuti dopo il fatto, rendendo così impossibile salvarlo. Gli imputati sono difesi dall'avvocato Marco Feno, secondo cui il ritardo è dipeso dalla rottura di un monitor di sorveglianza e quindi non sarebbe imputabile loro.

La cella era costantemente monitorata da una telecamera. All’udienza di ieri i pubblici ministeri hanno chiesto ai testimoni conferme sulle voci secondo le quali i tre agenti stessero guardando alla tv la partita di calcio fra Juventus e Milan. La psichiatra, sentita come testimone, ha confermato l’esistenza di queste voci. Sono le 21.05 quando Del Gaudio si raggomitola sotto la coperta scura che gli hanno lasciato e toglie i pantaloni del pigiama. È in cura per problemi psichici, e il giorno successivo dovrebbe incontrare lo psichiatra per la perizia in merito alla sua capacità di intendere e volere, dunque anche il suo destino processuale. In quello stesso momento, 21.05, Juventus- Milan è al quindicesimo del primo tempo. Sono le 21.37 quando le telecamere inquadrano le gambe di Del Gaudio senza pantaloni. Qualcuno dei tre agenti dovrebbe accorgersene? Alle 22.28 Del Gaudio si siede sul bordo del letto e ha già il cappio attorcigliato al collo, fatto con il pigiama, lo aggancia all’angolo battente della finestra. In quello stesso momento, la partita di calcio prosegue con Calhanoglu che tenta di recuperare al gol di Dybala di quattro minuti prima. In campo sono fasi concitate mentre nella cella si sta per consumare il dramma di Roberto Del Gaudio: alle 22.29 si lascia cadere dal letto e resta appeso alla finestra. Nessuno se ne accorge fino alle 22.41 quando le telecamere registrano l’ingresso del primo poliziotto penitenziario nella cella. Dodici interminabili minuti sono passati dal momento del gesto fino all’entrata dell’agente in cella.

Sarà il processo ad accertare se gli agenti abbiano commesso omessa vigilanza, perché concentrati sulla partita. Il fatto, com’è detto, è avvenuto nella famigerata sezione “Il Sestane” del carcere di Torino che fungeva da articolazione psichiatrica. Esattamente un anno fa, la coordinatrice nazionale di Antigone Susanna Marietti rese pubblico il dramma. «Al Sestante – scrisse nero su bianco la coordinatrice - si trovano circa venti celle, dieci su ogni lato del corridoio. In ciascuna è reclusa una singola persona detenuta. La cella è piccola, sporca, quasi completamente vuota. Al centro vi è un letto in metallo scrostato e attaccato al pavimento con i chiodi. Sopra è buttato un materasso fetido, a volte con qualche coperta e a volte no. Qualcuno, ma non tutti, ha un piccolo cuscino di gommapiuma. Non vi è una sedia né un tavolino. Solo un piccolo cilindro che sembra di pietra dove ci si può sedere in posizione scomodissima. L’intera giornata viene trascorsa chiusi là dentro, senza nulla da fare e nessuno con cui parlare. Unico altro arredo, un orrendo bagno alla turca posizionato vicino alle sbarre, di fronte agli occhi di chiunque passi per il corridoio». Grazie a lei, si creò una forte indignazione e intervenne la procura di Torino aprendo un fascicolo di indagini.

Prima di Antigone, tale sezione è stata al centro dell’attenzione del Garante nazionale delle persone private della libertà. Un inferno, già segnalato sei anni fa. La prima segnalazione alle autorità competenti è giunta tramite la raccomandazione del Garante nazionale delle persone private della libertà formulata il 29 novembre 2016. Ma nulla da fare. Arriva l’ennesima segnalazione nel 2017, questa volta da parte di Emilia Rossi, componente del collegio del garante nazionale. Ha effettuato una visita al reparto psichiatrico del carcere torinese assieme a Bruno Mellano, Garante Regionale del Piemonte, e della Garante del Comune di Torino, Monica Cristina Gallo. Durante la visita, la delegazione guidata da Emilia Rossi ha riscontrato nel Reparto Osservazione che le camere si presentano in condizioni strutturali e igieniche molto scadenti, sporcizia diffusa, prive di doccia e servizi igienici a vista.

Il reparto Il Sestante viene Istituito dalla Asl To 2 Nord, attraverso il Dipartimento sanitario mentale “Giulio Maccacaro”, collocato nel padiglione A. È  suddiviso in due articolazioni: la Sezione VII che ospita il reparto osservazione, a cui sono destinate persone sottoposte ad osservazione ex art. 112 o pazienti provenienti anche da altri istituti e persone in fase acuta o sub – acuta che richiedono assistenza temporanea non terapica, e la Sezione VIII in cui è stato costituito il reparto trattamentale, destinato ad accogliere persone sofferenti di patologia psichica accertata, anche provenienti dalla settima sezione, ed ove si realizzano percorsi di adattamento alla detenzione ordinaria. Ma nonostante la segnalazione da parte del Garante Nazionale fatta nel 2018, la situazione è rimasta invariata, se non peggiorata fino a quando è stato definitivamente chiuso grazie alla descrizione infernale da parte dell’associazione Antigone che vi ha fatto visita lo scorso anni.

Una sezione che era salita recentemente agli onori della cronaca anche grazie al rapporto di Antigone stesso dello scorso anno. Un caso che rende bene l’idea viene narrato da un familiare che si rivolge all’avvocato Elia De Caro, il Difensore Civico di Antigone. Un ragazzo avrebbe tentato il suicidio, per questo sarebbe stato trasferito in una cella liscia, denudato, senza materasso né coperta e con l’acqua chiusa. Per quest’ultimo motivo, si sarebbe trovato nelle condizioni di bere dallo scarico del wc. La sua situazione peggiora, si agita, e la prassi sarebbe stata quella di frequenti iniezioni intramuscolari per cercare di sedarlo. Parliamo di M., un detenuto di 24 anni che espiava la pena presso il famigerato Il Sestante della Casa Circondariale di Torino. A novembre del 2021, finalmente il Sestante chiude. La stessa Procura di Torino, che fino a ieri mandava lì le persone, ha aperto un’indagine per maltrattamenti a danno delle persone lì detenute. Ed è la stessa sezione, dove appunto avvenne il suicidio di Roberto Del Gaudio che doveva essere controllato a vista. È rimasto fermo immobile, con il cappio intorno al collo e appeso sull’angolo di una finestra aperta per dodici interminabili minuti, prima che nella cella entri un primo agente della polizia penitenziaria. Ora il processo servirà a capire com’è veramente andata questa vicenda e se ci sono delle responsabilità dolose.