La notizia del colloquio telefonico tra Sergio Mattarella ed Emmanuel Macron è apparsa ieri mattina, quando Quirinale ed Eliseo hanno rilasciato una nota congiunta. I due presidenti della Repubblica riannodano il filo delle relazioni tra Italia e Francia condividendo «la necessità che vengano poste in atto condizioni di piena collaborazione in ogni settore». E questo «sia in ambito bilaterale, sia dell’Unione europea». Il colloquio è cruciale perché la crisi innescata da Palazzo Chigi la settimana scorsa rifiutando l’attracco e spedendo la nave Ocean Viking carica di 230 migranti verso le coste francesi con tanto di comunicato ufficiale - ha sospinto l’Italia fin sulla soglia della rottura con una nazione alla quale il nostro Paese è legato da un Trattato che non a caso si chiama «del Quirinale».

Ma la telefonata, ieri, è solo stata resa di pubblico dominio: si è svolta in realtà sabato scorso. La tempistica è importante. Nelle ore in cui la telefonata è intercorsa, non a caso è circolata con insistenza in Italia la possibilità di un incontro pacificatore al G20 in Indonesia tra Meloni e Macron. Incontro altamente improbabile, dato il livello dello scontro, e data la forza della reazione francese davanti all’Italia «che non rispetta gli accordi» ( ovvero far sbarcare i migranti, prima di procedere alla redistribuzione come da accordi presi al Consiglio Europeo dello scorso giugno). È invece oggi non probabile ma possibile che vi sia un incontro - anche se magari non nell’immediato - del ministro degli Esteri Tajani con il suo omologo del Quay d’Orsay: Tajani ha dato la sua disponibilità. In buona sostanza, e stante che ogni serio tentativo diplomatico avviene solo dietro spesse cortine, si intuisce che si sia voluto lasciare un paio di giorni di tempo alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per riflettere e valutare, se lo ritenesse nel pieno della sua autonomia, un qualche passo di ricucitura. E che quel passo non sia stato compiuto.

Ieri comunque Palazzo Chigi faceva sapere la sua versione della telefonata: sarebbe stato Macron a telefonare a Mattarella. Ma come che sia, chi abbia telefonato per primo conta poco: il rapporto anche personale tra i due presidenti è molto stretto, ed evidentemente entrambi sentivano come necessario un primo passo di distensione tra i due Paesi. Sul punto specifico, fonti del Quirinale sottolineano che «con Macron c’è un rapporto continuo, ed erano già d’accordo per sentirsi».

La nota congiunta delle due alte cariche omologhe è stata resa nota in coincidenza con due appuntamenti favorevoli ai contatti, almeno a livello di delegati: oltre al G20 di Bali, anche il Consiglio europeo dei ministri degli Esteri di Bruxelles, al cui ordine del giorno proprio Tajani ha fatto aggiungere la questione di un maggior concreto sostegno all’Italia sulla questione dei migranti. Non ci sono risultanze, se ne riparlerà al prossimo Consiglio. Ma la Commissione Ue ha comunicato tramite portavoce che, a differenza di quanto ritiene l’attuale governo italiano, «le navi delle Ong sono navi come tante altre che salvano vite umane, e come tali devono essere fatte attraccare nei porti», solo dopo si può procedere ai ricollocamenti già previsti dagli accordi. E anche che «l’Italia è il Paese che riceve per questo il maggior sostegno economico». In sostanza, l’Unione europea risponde picche al governo italiano. Non era difficile prevedere che potesse finire così.

Il filo con la Francia, e con Macron, è stato prontamente riannodato da Sergio Mattarella. Il ruolo di garanzia, e di rappresentante dell’unità nazionale anche verso gli Stati esteri, è esattamente questo: una protezione per il Paese, al di là del colore o di questa o quella personalità che incarnano il governo.

Come sappiamo l’Italia non è una Repubblica presidenziale e neanche semipresidenziale, quale è la Francia: Macron è omologo di Mattarella e non di Meloni, pur avendo poteri in materia di politica internazionale di gran lunga più ampi - perché operativi- che non quelli di cui dispone il capo dello Stato italiano.

Ma proprio perché l’Italia è una Repubblica parlamentare, basata sull’equilibrio tra poteri, chi abita al Colle collabora con chi sta a Palazzo Chigi. Nel nostro sistema parlamentare non c’è la coabitazione ostile che può verificarsi in Francia tra un presidente della Repubblica di un colore e un presidente del Consiglio di un altro colore. C’è invece la collaborazione istituzionale, quella armonia costituzionale che sta nel sotto testo dei dettami della Carta. Il nostro presidente della Repubblica è per dirla in breve come una sorta di “Lord protettore” per il governo in carica, qualunque governo sia in carica.

Un limite naturalmente c‘ è, ed è il bene della nazione, la protezione dell’unità nazionale. E certo ogni Presidente interpreta la propria funzione secondo le sue corde. Se vi sono governi di assoluti debuttanti, o se per converso qualche super competente esce dalla grammatica istituzionale (che si chiama anche “Costituzione materiale”, ovvero le prassi consolidate) il Colle può dispensar consigli o, se del caso, lanciare moniti fin sulla soglia dell’altolà.

Non è un mistero che il presidente Giuseppe Conte, all’epoca un absolute beginner della politica, abbia ritenuto di potersi avvalere lungamente dell’esperienza degli uffici del Quirinale. Ed è utile ricordare come esempio il richiamo che nel 2020 Sergio Mattarella fece sul decreto che elevava fino a un milione di euro le multe, oltre ad altre varie sanzioni quali il sequestro delle imbarcazioni, per le Ong trovate a salvare vite in mare: la pena è spropositata rispetto al comportamento, per giunta comminata in via amministrativa, e la Corte Costituzionale ci ha appena ricordato che la pena non può essere abnorme rispetto al comportamento, sottolineò per iscritto al governo Conte.

Ma se il frame, la cornice, dei rapporti con la Francia è salva, se Sergio Mattarella ha fatto tutto quel poteva indicando la via per evitare che l’Italia venga isolata in Europa, c’è da chiedersi fino a quando potrà ritessere come Penelope la tela che intanto viene continuamente sfrangiata. I rapporti con la Francia, pur nei loro storici alti e bassi, possono essere recuperati. Ma uno scontro con Francia, o Germania, o Spagna e nella sede delle istituzioni europee, no di certo.