Il nostro giornale lo dice da sempre. La giustizia non ha bisogno di proclami e di effetti speciali, se poi, scendendo sul pianeta terra, le aule e gli uffici frequentati dai magistrati, dagli avvocati e dai cittadini sembrano più a delle piccionaie o a dei tuguri. Per questo motivo l’Associazione nazionale magistrati ha voluto far conoscere lo stato in cui versa l’edilizia giudiziaria. Come? Nella maniera più semplice ed accessibile, pubblicando sul proprio sito (www.associazionemagistrati. it) centinaia di foto, scattate dagli stessi protagonisti della giurisdizione e quotidiani frequentatori dei Tribunali. La galleria fotografica – in alcuni casi una vera e propria galleria degli orrori –, composta da otto sezioni, mostra da Nord a Sud, passando per la capitale, lo stato pietoso in cui versano le aule d’udienza e altri locali dei Tribunali italiani. Ogni galleria fotografica ha un titolo e i magistrati hanno dato adito al loro estro: le locuzioni utilizzate vanno da “Impressionismo giudiziario”, a “Vostro onore”, “Giustizia 6.0” e “Con gli occhi all’insù” per giungere alla “Raccolta differenziata”. Le altre gallerie si intitolano “Terzo potere”, “Lavori in corso” e “Il vizio della memoria”. Scatti non d’autore che non hanno la velleità di vincere premi fotografici, ma che intendono portare a conoscenza di tutti la realtà, senza filtri, senza infingimenti, senza, appunto, effetti speciali. Nel suo saluto di commiato, rivolto ai dipendenti e a funzionari del ministero della Giustizia, Marta Cartabia, ha dichiarato che nei seicento giorni trascorsi in via Arenula ha voluto «contribuire a realizzare quel volto costituzionale della Giustizia». Chissà cosa ha pensato la ministra uscente sfogliando il dossier fotografico dell’Associazione nazionale magistrati.

“MALA EDILIZIA”

I componenti della VIII Commissione permanente di studio dell’Anm evidenziano le motivazioni che li hanno indotti a fare questo singolare viaggio nell’Italia della “mala edilizia” giudiziaria. «Per ottenere un quadro aggiornato della “salute” dei nostri palazzi di giustizia – spiegano abbiamo ritenuto utile effettuare un monitoraggio dell’edilizia giudiziaria, chiedendo a tutti i magistrati di documentare fotograficamente lo stato in cui versano gli uffici in cui quotidianamente prestano servizio e in cui, ogni giorno, migliaia di cittadini (personale amministrativo, avvocati, parti processuali), fanno ingresso. Grazie al contributo delle Giunte Esecutive Sezionali e di tanti colleghi abbiamo così realizzato un dossier fotografico sull’edilizia giudiziaria composto da circa 500 foto relative a più di 50 Tribunali e Procure della Repubblica». L’edilizia giudiziaria è una sorta di specchio dell’Italia, secondo l’Associazione nazionale magistrati. «Quella che emerge da questa “istantanea” – affermano i componenti della VIII Commissione permanente di studio - è la fotografia di un Paese i cui palazzi di giustizia presentano strutture sovente inadeguate e uffici troppo spesso inospitali e, in alcuni casi, persino insalubri: insomma, luoghi di lavoro non dignitosi per quanti vi prestano servizio o anche solo li frequentano come utenti. Al fine di evidenziare le situazioni di maggiore criticità che, a nostro giudizio, richiedono interventi urgenti, tra tutte le foto raccolte ne abbiamo selezionate alcune, che abbiamo suddiviso in otto categorie in base all’oggetto raffigurato e al contesto in cui la foto è stata scattata. L’intera raccolta fotografica, comprensiva di documenti e relazioni, suddivisa in base all’ufficio giudiziario da cui provengono, è, invece, consultabile navigando attraverso la cartina geografica».

A ROMA SPAZI INSUFFICIENTI E INADEGUATI

A denunciare questa situazione è il presidente del Tribunale, Roberto Reali, che si sofferma, in una relazione inviata al presidente della Giunta dell’Anm Lazio (Sezione di Roma) tanto sul settore civile quanto su quello penale, senza tralasciare l’Aula Bunker di Rebibbia. Gli immobili in cui si svolgono le attività del civile si caratterizzano per la loro vetustà. Reali pone l’attenzione sull’immobile di via Lombroso, che ospita dal lontano 1977 l’Archivio di Stato Civile, concesso in uso gratuito per tre anni al Ministero di Grazia e Giustizia dalla Provincia di Roma. Sono trascorsi quarantacinque anni e la montagna di faldoni è ancora lì. La struttura «risulta inagibile e interdetta ai lavoratori» dal 2015 ed è incustodita. La Città giudiziaria, situata in Piazzale Clodio, ospita il settore penale: necessita di interventi di ristrutturazione e di ampliamento. Servono, evidenzia il presidente del Tribunale di Roma, investimenti mirati per la «riqualificazione complessiva della Città giudiziaria» e l’ampliamento della tessa «mediante la costruzione di un nuovo Palazzo che possa affiancare i già esistenti Edifici A, B e C di Piazzale Clodio». Nell’Aula Bunker di Rebibbia avvocati, magistrati, parti processuali e forze dell’ordine nelle giornate di pioggia farebbero bene ad indossare l’impermeabile o ad usare l’ombrello a causa delle infiltrazioni di acqua piovana dalle coperture, denunciate dallo stesso Reali. Nella documentazione allegata al dossier si nota, inoltre, che nei pressi delle aule di udienza il problema dei rifiuti è di portata eccezionale. Decine di sacchi formano montagne di spazzatura. Ambienti condivisi nella gallery di Cassino, dove spicca una foto di alcuni armadi e fascicolatori, pieni zeppi di faldoni, sistemati in un bagno. Nella stessa stanza in cui si trovano un lavabo e la carta per pulirsi.

PIEMONTE: TORINO RIDE, ALESSANDRIA PIANGE

Se il Palazzo di Giustizia di Torino, intitolato a Bruno Caccia (magistrato martire, ucciso dalla criminalità organizzata nel 1983) si presenta ordinato, non può dirsi lo stesso per le aule di udienza del Tribunale di Alessandria. Qui, le infiltrazioni che mangiano gli intonaci e i cavi volanti sono un pugno nell’occhio. In uno spazio ricavato alle spalle della postazione dei giudici, arredata con elementi di almeno settant’anni fa – poltrone comprese -, si nota un deposito in cui sono ammassate sedie, cartoni e addirittura alcuni televisori. Come il deposito di un rigattiere. A Biella, oltre ai muri scrostati e ad alcune cabine dalle quali debordano centinaia di cavi, spicca un vecchio telefono pubblico. Il pezzo da museo è sovrastato da un muro ridotto a gruviera. “Pronto, ministero della Giustizia?”. Non risponde nessuno. Stranamente…

A PAOLA L’ASCENSORE VA SOLO GIÙ

Il viaggio nella “mala edilizia” prosegue a Sud. La Giunta sezionale dell’Anm di Catanzaro, nei mesi scorsi, ha denunciato l’improvvisa rottura di un cavo dell’ascensore del Palazzo di Giustizia di Paola. L’impianto di sollevamento è precipitato nel vuoto. Il caso ha voluto che non ci fossero persone nell’ascensore. In Tribunale per lavorare non per rischiare la vita. A Crotone, invece, i magistrati hanno protestato per «le criticità strutturali del Tribunale» e hanno altresì rappresentato «la nocività degli ambienti di lavoro» a causa dell’umidità dei locali, delle perdite d’acqua al piano terra e al secondo piano. A ciò si aggiunge il blocco totale degli impianti di riscaldamento. Per il momento, viste le alte temperature delle “ottobrate” che si susseguono, il pericolo di congelamento non sussiste.

FOGGIA. UNA STANZA PER 4 NEL PENALE. MA NEL CIVILE VA PEGGIO

Nel Tribunale penale di Foggia i quattro giudici del dibattimento devono lavorare nella stessa stanza. Ma i conti non tornano. Ci sono tre scrivanie ed una sola postazione fissa dotata di computer. Forse, serve una calcolatrice in via Arenula. Nel Tribunale civile va peggio. Ben sette magistrati condividono la stessa stanza, sprovvista di computer e di telefono. E non hanno neppure distinte scrivanie. Insomma, nel capoluogo da uno si sperimenta il coworking giudiziario all’italiana.

BARI E I FASCICOLI NEI BAGNI

In piazza De Nicola, sede del Tribunale Civile, della Corte di Appello penale e civile, e del Tribunale di Sorveglianza si ricava spazio pure nei bagni per conservare i fascicoli. Al piano terra, nel sottoscala si trova invece di tutto: sedie e poltrone rotte, armadi inutilizzati, vecchie macchine da scrivere, monitor, stampanti fuori uso, fascicolatori metallici arrugginiti ed ammaccati. Dal rigattiere all’isola ecologica è un attimo (per la gioia dei ratti per possono insinuarsi ovunque).

TRANI. PALAZZI STORICI CHE RICHIEDONO MANUTENZIONE

Chi non vorrebbe fare udienza a due passi dal mare? A Trani la sede delle Esecuzioni mobiliari, ospitata nel Palazzo Gadaleta, si trova in una posizione felice. All’interno, però, i magistrati sono preoccupati. In alcune stanze le crepe evidenti non fanno immaginare niente di buono. Le cose non vanno meglio nella sede centrale del Tribunale, a Palazzo Torres, a due passi dalla splendida Cattedrale romanica. Lo stabile, risalente alla metà del XVI secolo, richiede di essere sottoposto ad urgenti interventi di ristrutturazione. Alcuni cornicioni sono pericolanti.

IL PALAZZO DI GIUSTIZIA DI CATANIA CADE A PEZZI

A riprova dell’emergenza edilizia giudiziaria vi è il crollo parziale, pochi giorni fa, nel Palazzo di Giustizia di Catania, del tetto della cancelleria del Giudice per le indagini preliminari. Fortunatamente, non ci sono stati feriti. La Giunta etnea dell'Associazione nazionale magistrati è ritornata a porre all’attenzione i gravi problemi che si affrontano nella città siciliana e ha espresso «ancora una volta la massima preoccupazione e il vivo allarme per le condizioni in cui versano gli uffici giudiziari catanesi». L'Anm chiede con urgenza che vengano svolte attività di manutenzione ordinaria e straordinaria «per evitare tragedie che questa volta sono state solo sfiorate». «Non è ammissibile – si legge in una nota - che in un edificio pubblico, e a maggior ragione in un Palazzo di Giustizia, dove devono trovare tutela i diritti di ciascuno, i lavoratori che ivi operano debbano temere per la propria incolumità. Non è altresì ammissibile che, a seguito di tali eventi, alcuni magistrati dell'ufficio non dispongano attualmente di un ufficio dove poter celebrare le udienze e non siano pertanto messi in condizione di adempiere ai propri doveri». Grande preoccupazione viene espressa da Rosario Pizzino, presidente del Coa di Catania. «Il crollo di un soffitto, verificatosi nel Palazzo di Giustizia – dice al Dubbio -, è un incidente che, purtroppo, non ci sorprende. Ricordiamo ancora il distacco della lastra di marmo dalla parete di un'aula d'udienza e le recenti piogge torrenziali all'interno dei locali. Da anni denunciamo i problemi strutturali del Palazzo di Giustizia e, più volte, abbiamo posto all'attenzione delle istituzioni le carenze dell'edilizia giudiziaria nella nostra città ». Silenzio di tomba da via Arenula. «Dagli uffici ministeriali – aggiunge il numero uno delle toghe etnee non sono pervenute risposte adeguate e vane sono pure rimaste le richieste loro inoltrate dai vertici giudiziari di Catania. Così siamo arrivati a questo ennesimo episodio che poteva anche essere tragico. Adesso, a causa dell'inagibilità di un intero settore del Palazzo, ci sarà da fare i conti con una serie di inevitabili ritardi e disfunzioni nell'attività giudiziaria e di problemi organizzativi per gli uffici che si riverseranno sull'intera struttura giudiziaria, sui cittadini e sui difensori. Un altro duro colpo per noi avvocati, ancora alle prese con le restrizioni anti-Covid, e proprio nel momento in cui l'Ufficio per il processo iniziava ad avviarsi. Ci auguriamo che gli interventi di ripristino siano immediati e che questo ennesimo episodio sia uno sprone per affrontare e risolvere la questione dell'edilizia giudiziaria a Catania». Sul crollo nell’ufficio del Gip intervengono pure Antonino La Lumia, presidente del Movimento Forense, e Giuseppe Casabianca, presidente della sezione di Catania di MF. «Secondo i primi accertamenti – affermano -, la causa sarebbe da individuare nelle recenti infiltrazioni d’acqua piovana. Solo la mera casualità, dunque, ha consentito di evitare una tragedia, perché nella notte nessuno era presente nei locali. Ciò è inaccettabile: gli avvocati e tutti coloro che quotidianamente operano nei Tribunali non possono vedere la propria incolumità messa a rischio dalle pessime condizioni nelle quali versano gran parte degli edifici giudiziari in Italia. Il Movimento Forense, da anni, denuncia, anche attraverso ripetute mozioni congressuali, tale perdurante stato di degrado, inconcepibile in un ordinamento, che dovrebbe invece garantire l’efficienza e la funzionalità dell’intero sistema: una vera riforma della Giustizia, piuttosto che fermarsi esclusivamente ai profili del rito, deve partire da queste basi e non può trascurare seri e concreti investimenti». Gli esponenti del Movimento Forense chiedono «un intervento immediato da parte delle istituzioni, al fine di assicurare il regolare svolgimento di tutte le attività processuali e, nel contempo, di inserire il tema tra le priorità dell’agenda politica del nuovo governo». Quando si trascurano i luoghi in cui si amministra la Giustizia, i diritti rischiano di essere abbandonati. Proprio come gli oggetti dei depositi improvvisati in alcuni Tribunali. Con buona pace del «volto costituzionale della Giustizia».