Quasi in sordina si sta delineando, pezzetto dopo pezzetto, una controriforma penitenziaria della Lega. L’ultimo segnale in ordine di tempo è una nota diffusa due giorni fa dal Carroccio: «Al di là del nome del ministro, la Lega avrà certamente un ruolo nel dicastero della Giustizia guidato dal centrodestra. Tra i primi dossier da affrontare, anche alla luce dell’arresto del garante dei detenuti del Comune di Napoli, la necessità di un garante per le donne e gli uomini in divisa che lavorano nelle carceri italiane, troppo spesso in condizioni inaccettabili».

Queste poche righe ci dicono due cose importanti: la prima è che appunto un leghista entrerà a Via Arenula, ad esempio con la qualifica di Sottosegretario, se a fare il vice Ministro andasse, ad esempio, il forzista Francesco Paolo Sisto. Questa figura potrebbe essere quella di Jacopo Morrone, rieletto alla Camera e che ha già ricoperto questo ruolo nel governo di Giuseppe Conte. Lui al momento non commenta anche perché il suo destino e quello di tanti altri è sicuramente legato alle diverse caselle che verranno riempite nei prossimi giorni.

La seconda cosa che quel comunicato ci trasmette è che una delle priorità sarà quella di creare un Garante degli agenti di polizia penitenziaria. Posto che, come diceva Marco Pannella, bisogna sempre lavorare per migliorare le condizioni di vita e lavoro dell’intera comunità penitenziaria – di “detenuti e detenenti” parlava il leader radicale – certo l’idea di un garante dei “secondini” appare forse un po’ bizzarra, considerato che essi godono già della tutela da parte dei sindacati e che comunque, spiace dirlo e senza sottovalutare le aggressioni che pure subiscono, nella maggior parte delle volte in cui si verificano disordini sono i detenuti ad avere la peggio e non viceversa. Un esempio su tutti: la violenza di massa nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Questa proposta, comunque, viaggia in parallelo con l’altra, più volte esplicitata dai leghisti, di voler abolire la figura del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Nel 2020 fu proprio Igor Iezzi a dichiarare: «Palma ancora una volta si schiera dalla parte dei delinquenti contro i cittadini che rispettano la legge e contro gli agenti della polizia penitenziaria. L’unico emendamento che va subito approvato è quello che presenteremo come Lega e che riguarda l’abolizione di questa assurda figura, quella del Garante dei detenuti».

A proposito di questo, il mandato di Mauro Palma scade a febbraio 2023. Che cosa succederà allora? Il Carroccio potrebbe far riemergere la vecchia proposta? Intanto, sempre fonti della Lega, stanno facendo circolare l’ipotesi che la poltrona del capo del Dap, Carlo Renoldi, potrebbe saltare: troppo orientato a una pena costituzionale il suo peccato. A questo scenario si aggiunge lo slogan utilizzato dal centrodestra in campagna elettorale: “più taser per tutti”.

Sia dalla Lega che da Fratelli d’Italia era venuta la richiesta, pure attraverso interrogazioni alla ministra della Giustizi, Marta Cartabia, di fornire anche alle guardie carcerarie le pistole elettriche. Ma un altro fronte su cui la Lega potrebbe voler agire – e dove troverebbe anche la sponda del Movimento Cinque Stelle - è la modifica, o con correttivi previsti dalla delega al governo o con procedimento legislativo, della parte della riforma di mediazione Cartabia del processo penale nel capitolo riguardante le pene sostitutive delle pene detentive brevi per condanne fino a 4 anni, che verranno applicate ora direttamente dal giudice di cognizione. Ma tutto questo quadro mal si concilia sicuramente con la figura del nuovo ministro della Giustizia. Che sia Carlo Nordio, Francesco Paolo Sisto o Maria Elisabetta Alberti Casellati sarà sicuramente una figura di spiccata connotazione garantista.

Il primo ricordiamo è stato tra i promotori del referendum per limitare gli abusi della custodia cautelare, il secondo è “amico” dell’Unione delle Camere Penali e ha sempre sostenuto la visione costituzionale del carcere della Cartabia, la terza quest’anno, durante la presentazione annuale della Relazione al Parlamento del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma, non ha fatto un semplice saluto istituzionale ma una vera denuncia delle condizioni delle nostre carceri, a partire dal sovraffollamento carcerario.

Tale indecoroso scenario disse, «oltre a generare disagio, malessere e amplificare la percezione del carcere come luogo di degrado ed emarginazione» rappresenta «uno dei principali ostacoli alla salvaguardia di diritti fondamentali della persona, come quello all’istruzione, al lavoro o alla sfera degli affetti». Si trattava, per la senatrice, di «diritti che non sono solo guarentigie di una dignità umana che il carcere non può sopprimere, ma anche strumenti irrinunciabili per trasformare la pena in un'occasione di riscatto, recupero e rinascita sociale, come prescrive la Costituzione». Insomma vita dura per giustizialisti dell’esecuzione penale con ministri del genere.