Fabrizio Cicchitto, ex ministro berlusconiano e ora presidente di Riformismo& Libertà, di formazioni dei governi ne ha viste tante, e ora spiega che «la Meloni si gioca tutto sul ministero dell’Economia, che dovrebbe affidare a un tecnico affidabile, e su quello dell’Interno, che non deve assegnare a Salvini perché sarebbe la sua rovina». Sugli altri dicasteri è chiaro: «Il mio auspicio personale - ragiona - è che Carlo Nordio vada alla Giustizia e Vittorio Sgarbi alla Cultura, quest’ultimo non per le sue uscite focose ma per la sua competenza sul tema; con Nordio invece avremmo la certezza di avere un vero garantista al ministero della Giustizia».

Presidente Cicchitto, crede che il centrodestra riuscirà a formare un governo stabile o sorgeranno contrasti già nella fase di scelta dei ministri?

In primo luogo vorrei rilevare un dato su queste elezioni che è stato messo poco in evidenza. Il Pd ha perso 800mila voti ed Enrico Letta ha annunciato le dimissioni, mentre il Movimento 5 Stelle che ha perso milioni di consensi viene considerato vincitore. Al tempo stesso, nel centrodestra due partiti hanno dimezzato i voti rispetto al 2018 e la vittoria dipende tutta da Fratelli d’Italia. Inoltre, un dato significativo è che non esiste più la linea gotica per cui Msi e An prendevano voti quasi soltanto da Roma in giù. Questa linea è saltata non perché il nord sia diventato filofascista ma perché ha vissuto la Meloni in una dimensione diciamo “a- fascista”. Gli elettori del Nord che hanno mollato Salvini a causa della sua inattendibilità hanno tenuto in considerazione la capacità oratoria di Meloni e la coerenza dei suoi atteggiamenti.

Crede che il calo di consensi della Lega sia dovuto solo a questo?

Beh, Salvini è al governo in un esecutivo filo atlantico ma si comporta da filoputiniano, poi lo fa cadere nel momento peggiore. La Meloni, invece, pur dall’opposizione, ha sempre dimostrato u atteggiamento costruttivo e una linea filoatlantica.

Premesso questo, come riusciranno i partiti a consultare il manuale Cencelli e spartirsi i ministeri senza troppo discutere?

Siamo nella fase dell’ovvia contrattazione ed è evidente che i pariti della coalizione che sono andati peggio, cioè Lega e Forza Italia, cercheranno di avere un recupero con buoni ministeri. La Meloni si gioca la pelle su due punti: il ministero dell’Economia, che auspico vada a un tecnico affidabile all’Italia e all’estero, e quello dell’Interno, che mi auguro no finisca nelle mani di Salvini perché sarebbe la rovina per la stessa Meloni.

Ma Salvini lo reclama, dicendo che al Viminale ha fermato gli sbarchi e che per «difendere i confini degli italiani» è finito anche sotto processo. Come la mettiamo?

Salvini teneva le navi a bagno maria per quindici giorni e poi quei disgraziati, tranne quattro o cinque che venivano presi da Francia e Germania, scendevano tutti in Italia. Insomma faceva quella che in Campania si chiama ammuina. Ora pensa di recuperare voti sfruttando il Viminale e rendendosi protagonista sul fronte dell’immigrazione ma Meloni deve guardarsi bene dal permetterglielo.

Come pensa verranno ripartite le altre caselle dell’esecutivo, penso ad esempio alla Giustizia dopo le riforme portate avanti da Marta Cartabia?

Tolti Economia e Interno è tutto sistemabile. Il mio auspicio personale è che Carlo Nordio vada alla Giustizia e Vittorio Sgarbi alla Cultura. Quest’ultimo non per le sue uscite focose ma per la sua competenza sul tema. Con Nordio invece avremmo la certezza di avere un vero garantista al ministero della Giustizia.

Crede che Pd e Movimento 5 Stelle, dopo la separazione in campagna elettorale dovuta alla caduta del governo Draghi, dovrebbero fare opposizione unitaria al governo Meloni?

Assolutamente no. Il Pd è una cosa e il Movimento 5 Stelle un’altra. Mi auguro che questa distinzione rimanga, mentre auspico che ci siano elementi di convergenza tra il Pd e il terzo polo. I dem devono capire che Conte non è un compagno che sbaglia, ma uno che ha fatto quello che ha fatto in modo scientifico e calcolato, e dal suo punto di vista anche giusto. Ha voluto salvare il salvabile e ci è riuscito visto che passa per vincente, ma per farlo è tornato alle origini, cioè a un partito populista, autoritario e ultra giustizialista, che cavalca tematiche sociali in chiave del tutto diversa da quella del Pd.

Eppure in molti al Nazareno vorrebbero tornare ai fasti del governo giallorosso. Tra pochi mesi ci sarà un Congresso nel quale si affronteranno le due anime ( o forse di più) del partito: come andrà a finire?

Di certo c’è una parte del Pd che vorrebbe tornare all’abbraccio con i Cinque Stelle ma mi auguro che il Congresso dem sia limpido e scelga o un partito riformista e garantista o un partito massimalista e giustizialista. Le vie di mezzo, a prescindere dai nomi, sono totalmente sbagliate. E queste elezioni lo hanno dimostrato.

Calenda e Renzi hanno promesso un’opposizione dura ma al tempo stesso si sono detti disponibili a dare una mano ad esempio sui rigassificatori. Che fine farà l’alleanza tra i due?

Credo che Calenda e Renzi debbano collocarsi all’opposizione in modo preciso, dopodiché devono valutare il governo sul merito. Se l’esecutivo fa cose buone è giusto votarle, se le fa negative vanno fronteggiate di petto. Ma tutto dipende dai contenuti. Questo governo è tutto da scoprire, può avere una deriva assolutamente negativa o una con cui è possibile stabilire un confronto, Bisogna vedere che indirizzo prende l’esecutivo dal punto di vista programmatico e della scelta dei nomi. Sulla base di questo si sceglie poi che tipo di opposizione fare.

Crede che il governo riuscirà a mettere in piedi una riforma della Costituzione in senso presidenziale nel corso di questa legislatura, come auspicato da Meloni?

Questo non glielo so dire, ma andrei molto cauto su una riforma di questo tipo. Cassese ieri ha scritto che una riforma presidenzialista è possibile, ma bisogna stare molto attenti sui contenuti. Insomma, c’è presidenzialismo e presidenzialismo e su questo vorrei vederci chiaro.