Iuliia Mendel è stata portavoce del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, fino al luglio del 2021. Da qualche giorno è stato pubblicato negli Stati Uniti il suo libro intitolato The Fight of Our Lives. Un diario in cui Mendel racconta la sua esperienza al fianco di Zelensky, l’inizio di una collaborazione dopo un colloquio di lavoro in cui non immaginava che la sua vita sarebbe cambiata. Pagine in cui si descrivono aneddoti, emozioni e speranze di un intero popolo che si sta battendo per la libertà con l’aggressione russa dello scorso 24 febbraio, una data entrata ormai nei libri di storia.

Il libro è stato scritto mentre risuonavano le sirene antiaereo e il rumore assordante delle bombe su Kyiv. «L’esercito ucraino - dice al Dubbio Iuliia Mendel - ha dimostrato una forza e una resilienza che hanno colpito il mondo intero. All’inizio della guerra è stato offerto al presidente Zelensky di lasciare il paese per salvarsi la pelle, ma lui ha rifiutato. È rimasto con il suo popolo. Gli ucraini hanno combattuto inizialmente con quel poco che avevano per fronteggiare i carri armati russi. Una reazione straordinaria, fortissima».

Come è avvenuto il suo incontro con il presidente Zelensky?

Intanto, mi faccia dire che quando Zelensky è arrivato al potere era popolare quasi come una rockstar. Fin dall’inizio, già in campagna elettorale, ha avviato un iter trasparente per individuare e scegliere i suoi più stretti collaboratori, compreso quello per il posto di “Press secretary”. Sono stata scelta tra migliaia di candidati. Quando l’ho incontrato per la prima volta gli ho detto: “Se lei mi sceglierà per questa posizione, nonostante io non la conosca personalmente e provenga da un retroterra socio- economico povero, insieme potremo costruire il sogno ucraino. Il sogno di un paese democratico in cui chiunque sarà in grado di ottenere ciò che desidera”. È così che Zelensky ha capito che condividevamo la stessa visione strategica per il nostro paese e mi ha assunta.

Nel suo libro raccoglie tanti aneddoti legati al lavoro come portavoce del presidente ucraino. Qual è stato il momento più delicato vissuto con Zelensky?

Ci sono stati molti momenti difficili. Penso a quelli in cui hanno cercato di mettermi in difficoltà, di attaccare me per colpire il presidente, il suo lavoro e la sua leadership. Tantissime fake news sono state diffuse su Zelensky e il suo operato. La Russia ha partecipato in maniera massiccia a questa campagna di disinformazione. Il Cremlino ha, del resto, favorito la creazione di numerosi media pro- russi. Quando il governo ucraino ha deciso di chiudere alcuni media, abbiamo attraversato un momento molto delicato perché questa decisione poteva essere vista come un attacco alla libertà di stampa e di espressione. L’Ue ha accettato questa decisione, perché alcune emittenti stavano semplicemente diffondendo la propaganda russa, facevano nient’altro che disinformazione. Il presidente Zelensky ha anche dovuto combattere direttamente contro l’influenza di amici importanti di Vladimir Putin, presenti nel nostro paese, che partecipavano a questa campagna denigratoria e diffamatoria nei nostri confronti. Anche la televisione russa ha cercato di attaccarmi e diffamarmi.

Il presidente ucraino lavora giorno e notte. Dal suo studio commenta quanto sta accadendo nel vostro paese per spronare la comunità internazionale a stare vicino all’Ucraina…

Zelensky è un lavoratore instancabile. Per questo motivo beve tanto caffè durante il giorno, è letteralmente appassionato di sport, faceva esercizio fisico ovunque, correndo per strada, usando le palestre dei posti dove andavamo per lavoro. Una passione ovviamente compromessa oggi, considerati i pericoli gravissimi che incombono sulla sua vita quotidiana e su quella dei suoi cari. I russi potrebbero colpirlo ovunque.

Il timore di un attacco della Russia era concreto prima del 24 febbraio?

Il presidente non ha mai smesso di dire al mondo intero che l’Ucraina era già in guerra, prima ancora che questo conflitto iniziasse. La Russia ha colpito l’Ucraina nel 2014, ha annesso la Crimea, e già svariati anni fa ha iniziato i suoi attacchi nei confronti del Donbass. Oltre 14mila persone hanno perso la vita in questo conflitto, migliaia di ucraini hanno perso le loro case e sono stati costretti a fuggire. Zelensky ha fatto di tutto, da quando è arrivato al potere, per riportare la pace in questi territori e ha ottenuto svariati risultati. Per esempio, è riuscito a far rimpatriare molte persone che erano state costrette a fuggire. È stato in grado di riportare una relativa stabilità grazie ad armistizi temporanei proprio là dove tuonavano le armi. “Pace” era la parola più pronunciata dagli abitanti di queste terre ferite.

L’Ucraina sta resistendo. Il sacrificio del suo paese cosa sta insegnando alla comunità internazionale?

L’esercito ucraino ha dimostrato e sta dimostrando una grande forza, una resilienza che ha di sicuro impressionato tutto il mondo. Si può dire la stessa cosa della classe dirigente ucraina. All’inizio della guerra è stato offerto al presidente Zelensky di lasciare l’Ucraina per salvarsi la pelle, ma lui ha rifiutato. È rimasto con il suo popolo. Gli ucraini, anche la gente comune, hanno combattuto inizialmente con quello che avevano, fronteggiando i carri armati russi. Una reazione straordinaria, fortissima.

Gli Stati Uniti stanno facendo enormi investimenti militari. Zelensky chiede armi più potenti. Sempre più armi allontanano però la pace…

Quello che abbiamo dovuto far capire all’Occidente è che, senza aiuti, senza armi, senza munizioni, il paese non poteva resistere davanti ad una aggressione militare di questo tipo. Nessuno sarebbe riuscito a farlo. Oggi stiamo portando avanti una controffensiva e stiamo imparando progressivamente ad agire sul campo di battaglia. Gli ucraini sono capaci di difendersi, ma non hanno mai dovuto contrattaccare. Oggi stiamo riprendendo in mano quei territori che ci erano stati sottratti con la forza, stiamo ritrovando la nostra gente. E non lo stiamo facendo per questioni prettamente territoriali. Stiamo combattendo per i nostri valori, la nostra libertà, per le nostre famiglie. Stiamo combattendo perché crediamo nel valore della democrazia. L’Ucraina rappresenta l’incarnazione più potente della democrazia in quelle terre che sono state, in passato, sovietiche.

L’Ucraina affronterà un altro inverno in guerra?

Siamo oggi arrivati ad un momento cruciale della guerra. In questo periodo la democrazia potrebbe sconfiggere l’autocrazia. Davide potrebbe sopraffare Golia. Ma se perdiamo, la nostra sconfitta avrà forti ripercussioni sul mondo intero. Stiamo combattendo Putin e la sua autocrazia. Putin rappresenta il passato. È il protagonista di un genocidio che sta usando l’arma del ricatto delle risorse energetiche e del grano. Niente di più crudele per tutta l’umanità. Putin vuole annettere dei territori di uno Stato sovrano. Questa è la cosa più triste e agghiacciante.