Bonafede non lo sa ma è una speranza. Non per noi garantisti, anzi. È stato in fondo un incubo, con le sue norme sulla prescrizione, con le analogie forzatissime tra reati contro la Pa e reati di mafia. Ma forse, senza neppure esserne del tutto persuaso, Bonafede è la normalità che si impadronisce del Movimento 5 Stelle. È il benefico vizio della politica che colonizza una partito ancora aggrappato al mito del dilettantismo. Nell’intervista al Fatto quotidiano di ieri, Bonafede dice un sacco di cose, che teme per la spazzacorrotti, per l’abuso d’ufficio e per il ritorno dell’immunità parlamentare. Ma ricorda pure che continuerà a fare politica seppur ostruito dal limite del doppio mandato parlamentare. Continuerà a fare coordinatore alla struttura territoriale del Movimento, spiega. Benissimo: farà politica insomma. Come tutti i politici che lasciano il segno, entrano nelle istituzioni, e ovviamente mettono  a frutto l’esperienza. Ripetiamo: Bonafede è agli antipodi rispetto alle idee del nostro giornale, ad alcuni dei valori primari dell’avvocatura in campo penale. Ma è una persona perbene, seppure ispirata da una visone della giustizia che a noi non piace. Il fatto che, pur azzoppato dal divieto di rientrare in Parlamento, continuerà un po’ come un dirigente ombra a seguire le sorti grilline può rappresentare una benefica lezione per quel mondo, per il Movimento. Può darsi che i pentastellati si rendano conto una volta e per sempre che il bagaglio di conoscenze e di esperienza non è un patrimonio da buttare a mare ogni due mandarti. E chissà che questa scintilla di normalità avvicini di più i 5 Stelle a quella cosa, brutta per loro, chiamata politica.