A Palazzo Abatellis, a Palermo, conservato nella galleria regionale ma proveniente da un cortile di Palazzo Sclafani da dove fu staccato e spostato durante i bombardamenti alleati del 1943 per salvarlo, cè il Trionfo della Morte, un affresco del 1400. Unopera imponente di sei metri per sei, di cui non si sa autore, committenza, ragioni ma che ancora impressiona per la sua potenza simbolica. Un cavallo scheletrico, quasi stilizzato nel suo corpo e nella sua testa, irrompe in un giardino rigoglioso, cavalcato dalla Morte che lancia le sue frecce letali di qua e di là verso aristocratici, vescovi, musici, donzelle ben vestite, cacciatori con i loro levrieri: non ha riguardi, la Morte. Nessuno si sarebbe stupito se ieri nella magnifica Abbazia di Westminster un cavallo improvvisamente vi avesse fatto irruzione non mancavano certo i musici né i vescovi né gli aristocratici né le gentildonne con i loro stupefacenti, benché sobri per loccasione, copricapi.È un trionfo della morte questo funerale di Elisabetta II, macabro e grottesco proprio come laffresco di Palazzo Abatellis. La ripetuta ostensione della morte è questo il secondo funerale, il primo si era svolto cinque giorni addietro nella cattedrale di St. Giles a Edimburgo, Scozia, proveniente dal castello di Balmoral non per esorcizzarla, ma per finalizzarla, simbolizzarla, politicizzarla: lunità della nazione britannica in realtà così discussa e lacerata tra Scozia, Galles e Irlanda del Nord, che non vedono lora di fare e essere in conto proprio in nome della corona, in nome di un cadavere squisito. Da Westminster Abbey, che è tutta una cosa con Westminster Hall, al castello di Windsor, un lungo, ordinato, scenografico corteo, come a dire che la democrazia parlamentare è bella ma è sempre lì che le cose inglesi sono destinate, alla monarchia: lultima apparizione pubblica della regina, proprio pochissimi giorni prima di morire, giusto in tempo verrebbe da dire, non è stata daltronde per ricevere e quindi consacrare il nuovo premier, miss Liz Truss? Quattro miliardi e mezzo di spettatori nel mondo, megaschermi dislocati ovunque nel Regno unito per tredici ore di cerimonia, la più imponente che la Gran Bretagna abbia vissuto dalla morte del primo ministro Winston Churchill nel 1965 è fuor di dubbio che Elisabetta II fosse pop: le manifestazioni di affetto e cordoglio popolare sono davvero enormi e sentite. E basterebbe tenere a mente quanti orsetti Paddington siano stati venduti in questi giorni, per essere lasciati a Buckingham Palace. Ci sono state attese e code di 24 ore per dare il proprio estremo saluto, quasi quanto per prendere lultimo modello di i-Phone. Forse per gli inglesi si declina altrimenti quel detto che vale ovunque altrove per cui da giovani si è ribelli e poi da grandi si diventa conservatori: loro, da giovani sono repubblicani e poi con gli anni si fanno tutti monarchici.In unEuropa a cui, nonostante la Brexit, nonostante loro stessi, nonostante la già citata Truss che nellultimo discorso ai tories non ha citato mai una volta lEuropa, gli inglesi appartengono, e in cui daltronde le monarchie costituzionali sono ben vigenti se non maggioritarie (in Spagna, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Lussemburgo, Monaco, Liechtenstein Andorra) mentre altrove vivono appartate, loro, i Windsor, si esibiscono. Loro, i Windsor, nati Sassonia-Coburgo-Gotha, rinominatisi nel 1917 e finiti in Windsor-Mountbatten per ostinato volere del principe Filippo consorte, nato Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg ma del ramo Battenberg, sono qui per esibirsi: sono tanti e quasi tutti longevi, e tra gaffeur e figli scapestrati, ragazzi dalla lingua e dalle mani lunghe, principesse amate, incomprese e sfortunate, amanti nascoste che poi alla fine ce la fanno, nipoti diseredati, ce nè di materia per i giornaletti pop e i seriali televisivi. Una fiaba in tempo reale che non comincia con: cera una volta ma con: riassunto dellultima puntata. I Windsor sono la monarchia. O il suo retaggio. Nothing personal niente di personale con Elisabetta ma questo trionfo della morte mentre da due anni, dallesplosione della pandemia, la morte la nascondiamo o proprio rimuovendone le immagini (chi ricorda più la fila dei camion militari di Bergamo con le bare sigillate verso linceneritore o le fosse comuni scavate a New York dai detenuti?) o facendone numeri, dati e statistiche che alla fine ci creano un diaframma insuperabile tra lesperienza e lelaborazione, mi lascia sconcertato. Ma forse è vero in fondo seppelliamo una donna che ha visto succedere presidenti a presidenti, primi ministri a primi ministri, papi a papi. Come dire, la storia in carne e ossa.