«Basta l’isolamento delle coop sociali, bisogna co- progettare mettendo al centro l’inclusione lavorativa per i detenuti e la giustizia riparativa: aumentano soggetti plurisvantaggiati e il rischio di un “carcere sociale”». In vista delle prossime elezioni politiche del 25 settembre, l’associazione Legacoopsociali che raggruppa le cooperative sociali, ha elaborato alcune richieste da presentare alle forze politiche che si candidano alla guida del Paese, rivendicando il proprio ruolo che non può essere quello di cui servirsi quando è necessario.

IN PANDEMIA LE COOP SOCIALI HANNO GARANTITO ALCUNI SERVIZI E ATTIVITÀ

«La cooperazione sociale di inserimento lavorativo durante la pandemia è riuscita a macchia di leopardo a mantenere aperti i servizi e le attività - dichiara Loris Cervato, coordinatore del Gruppo Carcere di Legacoopsociali - Si osserva da alcuni anni l’evoluzione della composizione della popolazione detenuta verso il ‘ carcere sociale’: aumentano le persone con problemi di dipendenze varie, invalidi, con problemi psichiatrici, stranieri senza documenti e senza speranza di ottenerli, in poche parole soggetti plurisvantaggiati. Diviene problematico per le cooperative trovare, nella pur numerosa popolazione detenuta, l’idoneità minima a intraprendere percorsi di inserimento lavorativo». Legacoopsociali chiede quindi di iniziare a lavorare ai diversi livelli, centrale e locale, con l’istituzione “carcere” per la co- programmazione e la coprogettazione. Per migliorare il rapporto con le istituzioni carcerarie è importante utilizzare tutti gli strumenti normativi di cui l’ordinamento italiano dispone.

DUE GIORNI FA SIAMO GIUNTI AL 60ESIMO SUICIDIO

Il gruppo nazionale di lavoro sul carcere, osserva che in un momento così difficile per il mondo carcere, è opportuno che la politica riporti l’attenzione sui drammi che si stanno consumando all’interno di questi luoghi che la Costituzione definisce “di rieducazione”, considerato l’alto numero di suicidi che sta colpendo gli istituti del nostro Paese. Due giorni fa siamo giunti al 60esimo suicidio. Un ragazzo di 29 anni, si è spento all’ospedale Civico di Palermo, dopo giorni di coma. Al carcere di Pagliarelli per rapina, tramite il suo legale aveva chiesto il trasferimento in un centro di riabilitazione, ma ancor prima di conoscere l’esito dell’istanza, ha deciso di togliersi la vita. Gli agenti della penitenziaria lo hanno trovato quasi esanime nella sua cella, con attorno al collo le lenzuola che aveva usato come cappio. Ricoverato subito in gravi condizioni, qualche giorno dopo è entrato in coma e non si è più svegliato. Ritorniamo alle proposte di Legacoopsociali rivolte ai candidati. In particolare, le cooperative sociali chiedono di essere coinvolte in questa fase post Covid in modo più diretto. La cooperazione sociale di inserimento lavorativo durante la pandemia è riuscita a macchia di leopardo a mantenere aperti i servizi e le attività, laddove è riuscita a far valere e rispettare le varie norme che di volta in volta venivano emanate a livello nazionale e regionale. Ciò ha richiesto grande impegno da parte delle cooperative, visto lo scollamento tra istituzione carcere e sanità penitenziaria e la propensione dell’istituzione carcere a rispondere all’emergenza con la chiusura e l’autarchia, senza puntare sulla pianificazione e la collaborazione con il Terzo settore ( si veda l’esempio della “compartimentazione”, prevista e quasi mai praticata nei casi di focolai covid19). Pertanto – chiedono le cooperative - deve essere evidenziato che la cooperazione sociale con grande fatica e impegno ha continuato a lavorare per garantire i servizi a favore delle persone detenute e il loro inserimento lavorativo. Le cooperative sociali avvertono che l’istituto penitenziario vive la relazione con le cooperative sociali come se fossero un soggetto di cui servirsi quando ne ha bisogno; la sensazione di isolamento e di “messa all’angolo” è percepita come reale e vissuta come il vero ostacolo a un rapporto collaborativo con gli istituti di pena.

AUMENTANO I DETENUTI CON PROBLEMI DI DIPENDENZA E PSICHIATRICI

Altra proposta è quella di affrontare in modo congiunto, articolato e concreto l’evoluzione della popolazione detenuta verso il “carcere sociale” con interventi pluriennali e risorse economiche adeguate. Si osserva da alcuni anni l’evoluzione della composizione della popolazione detenuta verso il “carcere sociale’: aumentano le persone con problemi di dipendenze, invalidi, con problemi psichiatrici, stranieri senza documenti e senza speranza di ottenerli, in poche parole soggetti plurisvantaggiati. Diviene problematico per le cooperative trovare, nella pur numerosa popolazione detenuta, l’idoneità minima a intraprendere percorsi di inserimento lavorativo, resi molto complicati anche dall’uso eccessivo di psicofarmaci.

La proposta di Legacoopsociali è quella di iniziare a coprogrammare e coprogettare con altri ministeri, con cooperative e strutture del territorio esperienze di “comunità” e di “lavoro assistito”. «È importante che questa popolazione povera e senza speranze abbia la possibilità e la dignità di accedere ad attività e a un reddito minimo», sottolinea l’associazione delle cooperative sociali. L’associazione chiede di fare in modo che in tutti gli istituti penitenziari vi siano possibilità lavorative per i detenuti. Le cooperative sociali osservano che spesso, negli Istituti, gli spazi non sono sufficientemente fruibili sia per motivi di “sicurezza” che per motivi di mancanza di personale da dedicarvi. I detenuti si devono accontentare di turni periodici solo ed unicamente per accedere a lavorazioni ( esempio le pulizie dei corridoi, occuparsi della trascrizione della spesa, portare il carrello del pranzo e cena, etc…) non esattamente qualificanti ma utili solo all’osservazione del comportamento ed a dotare di poche economie le persone che vi aderiscono. Questo non è più sufficiente per una detenzione che sia effettivamente rieducativa e che produca processi di cambiamento. La cooperazione sociale, attraverso la cooprogettazione e l’utilizzo di spazi da mettere a norma sottolinea che può collaborare a rendere gli istituti non solo luoghi più umani ma anche dove sviluppare competenze spendibili nei vari territori dove poi la popolazione detenuta dovrà rientrare. «È fondamentale che questo avvenga su tutto il territorio nazionale e ancora di più a sud del Paese dove esistono sacche di marginalità, disoccupazione e povertà estreme che trovano “risposte” sono negli agiti devianti e nell’illegalità», chiedono con forza.

Altro punto fondamentale della proposta nei confronti dei candidati è quello di iniziare a lavorare ai diversi livelli, centrale e locale, con l’istituzione ‘ carcere’ per la coprogrammazione e la coprogettazione. Per migliorare il rapporto con le istituzioni carcerarie è importante utilizzare tutti gli strumenti normativi di cui l’ordinamento italiano dispone; in particolare la recente riforma del terzo settore e l’art. 55 può risultare utile per creare forme di collaborazione più stretta e di cooprogrammazione ( analisi della realtà e dei bisogni) e coprogettazione con la pubblica amministrazione; tra i maggiori problemi emersi si è evidenziata la mancanza di un coordinamento tra l’istituto carcerario e la cooperazione sociale e l’art. 55 potrebbe creare le condizioni per colmare questo vuoto.

Altro punto è la valorizzazione della giustizia riparativa collocandola in un percorso che sia di reale consapevolezza attraverso un lavoro che la cooperazione sociale può proporre su due fronti fondamentali: lavorando sulla persona con competenze mirate per affrontare i temi della condizione personale individuale e di contesto oltre che familiare, prevedendo tempi congrui attraverso sportelli ad hoc territoriali; offrendo delle opportunità esperienziali lavorative e di potenziamento delle competenze relazionali legate alla gestione del bene comune, trasferendo all’utenza i valori dell’importanza del bene comune come elemento cardine del vivere legale e sociale.