Il film di Gianni Amelio presentato a Venezia sul “caso” Braibanti, ha indignato e commosso molte persone convinte però che oggi un caso analogo non potrebbe accadere. E si sbagliano. Sarebbe perciò necessario sommare all'indignazione e alla commozione, l'analisi rigorosa della realtà attuale e poi sulla base dei fatti, arrivare alla conclusione che “Braibanti” viene bruciato ogni giorno sulle nostre piazze e la percentuale degli indifferenti è oggi maggiore che mezzo secolo fa. Mentre quel ' Potere' che segregò Braibanti nelle patrie galere è più forte che mai. Il professore piacentino, omosessuale dichiarato, fu colpevole per la convivenza con uno studente maggiorenne e consenziente. Per questo fu arrestato e condannato.

Credo che prendere posizione a favore di Braibanti sia stato difficile ovunque ma comprenderete quanto lo sia stato nel Sud Italia. Eppure un confronto aspro c’è stato anche nelle regioni meridionali e finanche nei più piccoli paesi e ciò ha consentito di aprire un varco nell’egemonia delle classi dominanti e di avviare una semina che ha portato alla vittoria sul divorzio e alla grande stagione dei diritti civili.

Ma andiamo con ordine. Braibanti era un ex partigiano, un poeta, uno scienziato ma era soprattutto una persona innocente che dinanzi a una accusa degna della peggiore caccia alle streghe fu difeso solo da pochi, o meglio da una coraggiosa minoranza costituita da intellettuali, da giovani- spesso irregolari- di Sinistra e da qualche liberale raro come i lupi bianchi. Braibanti fu marchiato a fuoco come pervertito, pederasta, degenerato, corruttore di giovani e il marchio divenne garanzia per l’infame condanna prima nelle piazze, quindi sui giornali e infine in Tribunale. La televisione fu il megafono della pubblica accusa.

Come abbiamo detto all'inizio, a 50 anni di distanza, qualche riflessione bisognerebbe pur farla. Innanzitutto quando esplose il “caso Braibanti” non abbiamo difeso solo il diritto naturale di dichiararsi omosessuale e vivere liberamente la propria vita ma anche e soprattutto il diritto alla Libertà e il rispetto dell'integrità della persona umana per come prescritto dalla Costituzione.

Oggi quelle stesse forze che pretesero il carcere per Aldo Braibanti vanno a caccia di nuove streghe da bruciare sul rogo. Così quasi ogni giorno, una certa stampa crea il “mostro”, la piazza (ormai solo virtuale) si scalda e pretende la purificazione attraverso il sacro fuoco, le procure non vanno per il sottile e le carceri si riempiono di innocenti. E per questa via lo Stato “degenera” e da Istituzione necessaria per la tutela dei cittadini, diventa un pericolo in quanto sceglie di legittimarsi con la giustizia sommaria, la galera e la guerra.

Oggi c’è l’aggravante che le minoranze che difesero Braibanti sono quasi sparite, spesso distratte, e a volte si sono trasformate in sentinelle di “regime”. Così chi dovesse capitare (e capita quotidianamente) nell’ingranaggio perverso che 50 anni fa distrusse l’ex partigiano è terribilmente solo. Provate voi a difendere una persona innocente finito nelle maglie della “giustizia”, o a esprimere qualche dubbio sulle frequenti retate che sanno più di teatro che di applicazione della legge. Provate a dire che una persona non può essere messa alla gogna per il reato di “parentela”, che un consiglio comunale non può essere sciolto senza una sentenza che stabilisca le responsabilità penali del sindaco e dei consiglieri comunali. Oppure che un imprenditore non può essere messo al lastrico con un semplice rapporto di polizia.

Chiunque lo faccia verrà marchiato come potenziale complice. Conosco almeno un migliaio di persone messe alla gogna e poi scagionati da ogni accusa. Cambia il capo di imputazione ma il metodo resta uguale e chi non ha la forza e il coraggio dell’ex partigiano muore di crepacuore. Credo che quel varco aperto in occasione del caso Braibanti grazie ad una minoranza coraggiosa, stia per essere definitivamente chiuso e ciò avrà come sbocco naturale un regime che già ha preso forma negli anni passati.

Il dottor Scarpinato candidato al Senato in Calabria, parlando alla festa del Fatto quotidiano ha affermato che la difesa della Costituzione deve essere la nuova linea del Piave. Si può e si deve essere d’accordo, premettendo però che c’è chi su quella linea c’è sempre stato. Sia quando s’è trattato di difendere la Costituzione contro la secessione di Bossi o per contrastare la legge sull’autonomia differenziata e ancora di più quando retate degne delle peggiori purghe staliniane hanno distrutto migliaia di vite. In Calabria molto più che altrove. La Costituzione è veramente una trincea… sempre! Anche quando un solo uomo (chiunque esso sia) dal profondo di una galera grida la sua innocenza, pretende la sua dignità, reclama la tutela della legge. Anche quando il carnefice è un magistrato o comunque un rappresentante di quel potere che è – in linea storica - erede di coloro che sacrificarono Aldo Braibanti.