Il Parlamento europeo condanna gli «sforzi deliberati e sistematici del governo ungherese» contro i valori dellUe e chiede risultati per quanto riguarda la procedura collegata allarticolo 7. La mancanza di unazione decisa da parte dellUe ha contribuito allemergere di un «regime ibrido di autocrazia elettorale» in cui si tengono le elezioni ma che non rispetta gli standard democratici, affermano i deputati. La relazione adottata con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astenuti va nella direzione di quella che ha portato lEuroparlamento ad avviare la procedura legata allarticolo 7 nel 2018, facendo il punto su una situazione preoccupante in 12 aree. Ma sul piano politico, cè un dato altrettanto pesante: gli eurodeputati che, a Strasburgo, rappresentano Fratelli dItalia e la Lega hanno votato contro la relazione che inchioda Viktor Orban. Con immediati riflessi in Italia: dalla vicepresidente del Senato Anna Rossomando al deputato e leader di +Europa Riccardo Magi, fino al presidente della commissione Esteri della Camera Piero Fassino, sono molti gli esponenti del centrosinistra ad additare Giorgia Meloni e Matteo Salvini per aver deciso di seguire Orban fuori dallEuropa. La relazione di Strasburgo comunque insiste sul fatto che larticolo 7, paragrafo 1, non richiede lunanimità degli Stati membri per riconoscere un grave rischio di danno ai valori dellUe, né per formulare raccomandazioni concrete o per fissare scadenze. Aggiunge che qualsiasi ritardo nellapplicazione della procedura dellarticolo 7 a tutela dei valori europei in Ungheria equivarrebbe a una violazione dello stato di diritto da parte del Consiglio stesso. I deputati chiedono alla Commissione europea di utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione e in particolare il meccanismo di condizionalità di bilancio. Sebbene i valori europei siano particolarmente minacciati dalla guerra della Russia contro lUcraina e dalle sue azioni ostili nei confronti dellUe, invitano anche la Commissione a: ritardare lapprovazione del piano di ripresa dell Ungheria fino a quando il Paese non si allinea alle raccomandazioni del semestre europeo e mette in atto le decisioni dei tribunali della Corte di giustizia europea e della Corte europea dei diritti delluomo.