Nessun governo con Bonelli e Fratoianni. Se vince il centrodestra la sovranità dell’Italia è a rischio. Occorre abolire il veto nelle decisioni dell’Unione europea. Sono solo alcune dei concetti che il segretario del Pd, Enrico Letta, ha illustrato oggi nel confronto con la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sul sito del Corriere. Obiettivo: mostrare quegli occhi di tigre che fanno da slogan alla campagna elettorale dem. I due si sono beccati su alcune questioni di fondo, come le proprie idee di Europa e il Pnrr, ed è proprio sulle politiche del vecchio continente che l’ex presidente del Consiglio ha posto l’accento. «Su questo tema ci sono le prime differenze abissali con Fd’I - ha detto Letta - Il motivo per cui l’Europa non funziona è che i paesi conservatori non vogliono che si decida a maggioranza e per questo bisogna togliere il diritto di veto, che piace ad esempio a Viktor Orban: l’Europa che funziona è quella che si è messa insieme dopo la pandemia e ci ha dato i soldi del Pnrr, noi vogliamo un’Europa della salute e una politica migratoria comune». Il Pnrr, del resto, è al centro della campagna elettorale, che si divide tra chi vorrebbe rinegoziarlo e chi invece vorrebbe portare avanti il programma deciso da Mario Draghi. «Rinegoziare il Pnrr è da inaffidabili. Se diciamo agi europei che vogliamo rinegoziarlo, il messaggio è che non ci interessano quei soldi», è il ragionamento del segretario dem, che poi attacca Meloni sull’affidabilità dei suoi alleati. «Nella coalizione di Meloni ci sono Salvini e Berlusconi che sembrano difendere più la sovranità russa che europea», ha tuonato Letta. D’altronde l’operazione rimonta è ormai partita da qualche giorno e in queste due settimane scarse prima del voto vivrà la sua fase più calda. Il segretario dem girerà l’Italia in lungo e in largo, comparirà in tv e sui giornali, sarà attivo sui social. Insomma, farà tutto ciò che è nelle sue corde per far salire il Partito democratico di qualche punto, permettendogli intanto di arrivare sopra Fratelli d’Italia e poi, chissà, di trainare la coalizione di centrosinistra più vicina a quella di centrodestra di quanto si pensi. Una rimonta che avrà il suo apice al Sud, dove, ha sottolineato Letta in collegamento con i candidati il voto dem «tiene e cresce», di pari passo con una «crescita del M5S» che secondo le analisi del Nazareno «va a scapito della destra», in particolare della Lega. Un po’ paradossale, forse, che alla fine Letta potrebbe trovarsi a dover ringraziare il nemico numero due di questa campagna elettorale dopo Giorgia Meloni, cioè Giuseppe Conte. Per settimane il leader dem lo ha attaccato rinfacciandogli la responsabilità, condivisa con Salvini e Berlusconi, della caduta del governo Draghi, mentre ora l’avanzata dell’ex presidente del Consiglio al sud potrebbe portare buone nuove anche al Nazareno. «Sta succedendo la stessa cosa in Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata e Molise - ha scandito Letta - Il sud diventa uno dei terreni più interessanti e contendibili rispetto a tutte le previsioni». In mattinata Letta aveva anche consigliato ai candidati di seguire il dibattito, perché ci avrebbero trovato «molti spunti e argomenti da usare in una campagna elettorale». In primo luogo, gli interventi più strettamente necessari per affrontare la crisi energetica. «Bisogna bloccare le bollette che arriveranno nei prossimi mesi - ha sottolineato - ma bisogna anche dimezzare il credito d’imposta per le imprese aiutare le famiglie con Isee più basso a pagare le bollette già arrivate». Il confronto è stato a tratti aspro ma mai sopra le righe, anche se entrambi hanno accusato l’avversario di dire cose false, utilizzando repliche e controreplichi per «ristabilire la verità». Schermaglie anche sul reddito di cittadinanza, da riformare o da abolire a seconda dei punti di vista, e sull’immigrazione, con Meloni che non ha parlato di blocco navale e con i due leader su sponde diametralmente opposte. Al Pd restano dieci giorni per la grande rimonta. Tutti da vivere, s’intende, con gli occhi di tigre.