La frase memorabile, in realtà glielaveva rubata John Fitzgerald Kennedy che a Berlino nel giugno del 1963, quando il Muro era stato proprio da poco tirato su, mattone su mattone, in quel tour europeo che poi lo porterà anche a Roma, prima di pronunciare il famoso Ich bin ein Berliner, aveva detto che un tempo nel mondo si era orgogliosi di dire: civis romanus sum. A Gorbaciov che era attento alle campagne pubblicitarie del mondo occidentale e che diventerà, quando tutto sarà finito, unicona con la sua borsa da viaggio Louis Vuitton era rimasto So Caio Gregorio, er guardiano der Pretorio, il Carosello che sponsorizzava il tessuto terital Scala doro Rhodiatoce. Lavesse detta, i romani si sarebbero spellati le mani. Ma era troppo serio, e i romani lo amarono lo stesso, e lo applaudirono e gli si strinsero intorno con calore in un bagno di folla, quel 29 novembre del 1989. Un calore, che mai avevano riservato a un qualche capo di Stato. Forse, appunto, con Kennedy. Ma Kennedy sembrava il futuro, con la sua nuova frontiera e il ciuffo bello. Anche Gorbaciov sembrava il futuro, benché fosse calvo e avesse una meravigliosa voglia rossa sulla fronte. E la nuova frontiera russa significava forse la fine della guerra fredda e la distensione nel mondo. Questo era quello che si percepiva, guardandolo. Sul Quirinale sventolava la bandiera rossa certo, era il protocollo delle diplomazie. Ma nemmanco con la Repubblica romana, con Mazzini e Garibaldi, la bandiera rossa era stata issata sul pennone del Quirinale. Non erano arrivati i cosacchi a abbeverarsi alle fontane di San Pietro come dicevano le profezie di don Bosco e la campagna anticomunista del 48 e non era il marziano di Flaiano, ma un signore, con la sua signora Raissa che entrò subito nel cuore degli italiani, per la sua sobrietà e la sua solarità, che con la perestrojka e la glasnost stava aprendo la Russia al mondo. Portava affari Gorby, portava business per le imprese italiane: la globalizzazione iniziava con quel suo tour europeo. Tre giorni restò a Roma Gorbaciov e era il primo appuntamento est-ovest dallinizio della sua storia. Perché la storia non stava finendo, si stava sbloccando. Prima lItalia. Gorbaciov scelse il nostro paese perché come disse avevamo «una percezione migliore della Storia», che so, per Machiavelli e Guicciardini? Perché, come disse, si considerava anche lui un meridionale? O perché qui cera il più forte Partito comunista delloccidente? Berlinguer però è morto già nell84: era stato lui a dire, nell81, che la spinta propulsiva della rivoluzione dOttobre era finita. Gorbaciov avrebbe sottoscritto; lui, anzi, lo stava dimostrando. Segretario del Partito comunista italiano sarà lultimo segretario è ora Achille Occhetto che ha seguito con attenzione quello che succedeva in Unione sovietica. Occhetto ha appena dichiarato la svolta della Bolognina, ma ci vorranno ancora quasi due anni perché il PCI diventi il PDS, il Partito democratico della sinistra. E fra due anni, Gorbaciov sarà prima agli arresti per un tentato golpe e poi travolto dal succedersi improvviso degli eventi. Sarà la sua propria fine della storia. Anche Occhetto finirà travolto. Ma in quel momento, a Roma, Gorbaciov sta cavalcando londa. È lUnione sovietica, è lArmata rossa, è Stalingrado, è addavenì Baffone che arrivano con lui e il popolo romano, quello delle sezioni comuniste ancora attive e vegete nei quartieri, gli rende omaggio. Che labbiamo issata a fare allora, la bandiera rossa al Quirinale? Ma è anche allincredibile coraggio intellettuale e politico di questuomo che mostrerà anche coraggio fisico nei momenti del putsch militare che tutti, senza appartenenza di bandiera, rendono omaggio: Norberto Bobbio lo definirà un grande principe riformatore. Nessuno ha davvero la più pallida idea di quel che sta accadendo dentro la nomenklatura russa. È dalla parte giusta della storia Gorbaciov gli altri, i suoi nemici, fra i quali il capo del KGB, finiranno nella spazzatura. In quello stesso anno del putsch, il 1991, Putin lascia i servizi segreti e inizia la sua carriera politica a San Pietroburgo, come ufficiale di collegamento con lFSB. Più tardi, si unirà a Eltsin, luomo che ha fatto fuori Gorbaciov, e infine ne sarà, a sua volta, il successore. Noi non avevamo la più pallida idea di quello che stava accadendo dentro la nomenclatura russa. A Roma, anzi a Città del Vaticano, Gorbaciov incontrerà Wojtyla è la prima volta per un leader sovietico che è luomo al mondo che più di altri si è battuto contro limpero russo per amore della sua cattolicissima Polonia. E è anche riuscito a incrinarlo davvero quel potere, con Lech Walesa, gli operai dei cantieri navali di Danzica e il loro Solidarnosc, fino alla legge marziale di Jaruzelski dell81, che forse evitò che arrivassero i russi con i loro carri armati, come era accaduto in Ungheria nel 56 e in Cecoslovacchia nel 68. Ma ora, tutto questo è il passato. Gorbaciov ha definito irreversibile il processo di rottura dellUrss e se le nazioni che facevano parte del blocco sovietico vorranno scegliere la propria autonomia lui non interverrà. Avranno unora e mezza di colloquio Gorbaciov e Wojtyla. Raissa è vestita di rosso infrangendo il protocollo che vuole le donne in Vaticano vestite di nero e con il velo. Troverà anche il tempo, Raissa, in quei tre giorni di volare a Messina e ricevere, al posto del marito, il premio Colapesce, in memoria dei marinai russi che per primi accorsero a soccorrere la popolazione della città colpita dal terremoto del 1908. Dieci anni dopo, quando la perestrojka e la glasnost sono ormai un ricordo e un rimpianto, Gorbaciov e Raissa arriveranno insieme al festival di Sanremo del 1999 a salutare e ringraziare gli italiani che così calorosamente li avevano accolti. Eravamo rimasti nei loro cuori. Quello stesso anno, a settembre, Raissa morirà di leucemia. Erano stati insieme per quasi cinquantanni.