L’economista Giulio Sapelli spiega che gli extraprofitti non esistono e che occorre cambiare prospettiva per risolvere l’emergenza energetica. «Bisogna cambiare il modo di pagare il gas - dice - non bisogna più pagarlo attraverso le quotazione della borsa di Amsterdam ma tornare al regime di take or pay: non è possibile che una materia del genere sia affidata all’andamento della borsa». E invita poi i leader di partito a discutere assieme della questione. «Ben venga uno stop all’aspro confronto elettorale così da sedersi a un tavolo - commenta - Ma l’importante è premere sul governo affinché cambi propria prospettiva sul tema».

Professor Sapelli, in queste ore si discute molto di extraprofitti e il tema sta interessando anche la campagna elettorale: cerchiamo di fare un po’ di ordine tra le cose. Cosa sono gli extraprofitti e come possono essere utilizzati?

Cominciamo col dire che il termine extraprofitti non ha nessun significato scientifico. È un termine usato generalmente dal populismo internazionale, prima dal fascismo e poi dal peronismo, ma nella realtà esistono i profitti e basta. Al momento stiamo assistendo a un’ascesa verticale del prezzo delle materie fossili ed energetiche come conseguenza della guerra imperialista d’invasione della Russia all’Ucraina e delle sanzioni economiche, secondo me errate, che ne sono conseguite. Servivano invece armi moderne, carri armati e aerei, per arrivare a una vittoria militare.

Non avranno distrutto il sistema economico russo, ma l’hanno certamente indebolito, anche se ora Mosca sta usando l’arma del gas contro l’Occidente. Di questi extraprofitti non si può proprio parlare?

Gli extraprofitti non sono altro che i profitti che le società energetiche fanno. In Francia lo stato ha fissato i prezzo ritenuti normali dell’energia e poi ha ripagato le società di quel plus che secondo questo tetto era superiore alla media. Ma se fissiamo il prezzo del gas attraverso un meccanismo borsistico poi non ha senso parlare di extraprofitti. Bisogna parlare di profitti realizzati attraverso la fissazione dei prezzi in base all’andamento delle borse.

Eppure alle casse dello Stato mancano nove miliardi di euro entrate, rispetto ai dieci previsti, che sicuramente potrebbero dare una mano, vista la situazione…

Un tempo il prezzo del gas era stabilito col metodo take or pay, fissando il prezzo a venti o trenta anni con un accordo tra venditore e compratore. Questi nove miliardi sono invenzione di politici che non sanno cosa sia un’industria e di gente come le vare authorities che non ne hanno mai vista una. Sono dilettanti allo sbaraglio che propagano idee che ci condurranno alla rovina. Mi fa piacere invece che uno come Elon Musk abbia detto che senza gas e petrolio il mondo finirà.

Analizzando le dinamiche attuali, non pensa quindi che le imprese che ne abbiano tratto finora maggior profitto debbano contribuire alla soluzione di un problema che investe cittadini e imprese?

Dunque: c’è un aumento dei prezzi enorme, che chiamano inflazione ma non lo perché i salari sono sempre più bassi e, come detto, c’è un’emergenza di materie fossili sia per la guerra della Russia sia per le sanzioni che il capitalismo finanziario nordamericano ha imposto all’Europa per farci comprare il gas liquefatto nordamericano. Ma le imprese devono pagare le tasse su quello che guadagnano. Se guadagnano di più pagheranno di più, ma parlare di extraprofitto vuol dire, ripeto, usare il linguaggio di Mussolini e Peron.

E quindi come se ne esce? Si parla di un tetto al prezzo del gas, del rigassificatore a Piombino, del ritorno al carbone e dell’utilizzo del cosiddetto nucleare pulito...

Si parla di tante cose, ma il punto vero è che bisogna cambiare il modo di pagare il gas. Non bisogna più pagarlo attraverso le quotazione della borsa di Amsterdam ma tornare al regime di take or pay. Non è possibile che una materia del genere sia affidata all’andamento della borsa. Ovviamente non è una questione che si risolve a livello nazionale, ma occorre arrivare a un accordo deve fare a livello internazionale. Gli olandesi ovviamente non vorrebbero che finisca in questo modo perché con la borsa di Amsterdam ci guadagnano. E anche francesi e tedeschi non sembrano molto propensi a sedersi a un tavolo.

Eppure il presidente del Consiglio, Mario Draghi è stato il primo a parlare di un tetto al prezzo del gas, o comunque dell’istituzione di nuovi meccanismi che mettano un freno alla corsa impazzire del prezzo dell’energia. Non pensa sia la strategia giusta?

Draghi, che ha fatto questa proposta, non sa di che cosa parla e i suoi consulenti ne sanno meno di lui. Si confrontassero con Eni ed Enel e tutto sarà più chiaro. Questa vicenda è la dimostrazione dell’odio viscerale che gli italiani, soprattutto gli intellettuali, hanno verso l’industria. È colpa della politica e di chi ancora va a votare.

Professore non faccia appelli all’astensione, che già non siamo messi benissimo…

Non faccio appelli a niente e nessuno, mi limito a dire che nel ragionamento di chi ci governa non c’è nessuna via d’uscita. Questo ci porterà alla catastrofe, al razionamento del gas, all’aumento vertiginoso dei prezzi. La stessa cosa è successa con la siccità. Lo scorso inverno già sapevamo che sarebbe andata così ma abbiamo svuotato le cisterne per creare la neve artificiale. Di cosa stiamo parlando?

Quindi, visto che siamo in campagna elettorale e il tema è di fondamentale importanza: non c’è alcun partito, o singolo esponente, che le ispira una qualche tipo di fiducia sull’adozione di una nuova politica energetica?

Coloro che si sono avvicinati di più a posizioni corrette, da quando la questione è diventata di interesse nazianle e cioè negli ultimi sei mesi, sono stati alcuni esponenti della Lega. Ha detto cose giuste ad esempio Alessio Molinari e spero che venga seguito. Questo è un tema sul quale bisogna cercare l’unità e non dividersi. Quindi ben venga uno stop all’aspro confronto elettorale così da sedersi a un tavolo. Ma l’importante è premere sul governo affinché cambi prospettiva sul tema.