Si ritorna a parlare di braccialetti elettronici dopo l’ultimo tragico femminicidio, quello di Alessandra Matteuzzi. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, in un’intervista al Corriere della Sera ha dichiarato che i braccialetti elettronici «dovrebbero essere uno strumento autonomo e non una misura accessoria dei domiciliari. E lo Stato dovrebbe impegnarsi a trovarli». Ma è vero che mancano i braccialetti elettronici per l’utilizzo antistalker e che possono essere utilizzati solo nel caso degli arresti domiciliari? No, non è così. Per quanto riguarda la disponibilità, è compito del ministero degli Interni richiederli alla società Fastweb, che vinse il bando di gara al dicembre del 2018 con un contratto da 23 milioni per 1.000/1.200 al mese da fine 2018 a fine 2021. Casomai, visto che il contratto è scaduto da otto mesi, c’è bisogno di un nuovo bando che lo rinnovi. Il quantitativo, comunque, dipende da quanto richiesto di volta in volta dal Viminale. Per quanto riguarda il loro utilizzo, oltre per la questione deflattiva penitenziaria (e quindi i domiciliari), i braccialetti possono essere estesi anche alla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla presunta vittima. Il 9 agosto del 2019, infatti, è stata varata le legge, il cosiddetto Codice rosso, che ha recato modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. In questa occasione è stata introdotto la possibilità di fare ricorso all’utilizzo del braccialetto elettronico anche nel caso di stalking. Da quasi tre anni, quindi, con la modifica dell’articolo 282 ter comma 1 del codice di procedura penale, l’uso del braccialetto è volto anche per disporre il divieto di avvicinamento. Con questa misura cautelare l’autorità giudiziaria vieta all’indagato o imputato di avvicinarsi alla vittima, impedendogli di visitare i posti che normalmente la persona offesa frequenta. Così, ad esempio, se la vittima di stalking frequenta la palestra, il giudice ordinerà allo stalker di mantenere le distanze anche da quel luogo. In caso di trasgressione del divieto, la misura può essere sostituita con una maggiormente afflittiva come, ad esempio, gli arresti domiciliari. Ma c’è prevenzione totale nei confronti della potenziale vittima? No, perché teoricamente l’aggressore può avvicinarsi a lei, pedinandola in altri luoghi dove il divieto non c’è e il braccialetto elettronico non servirebbe a nulla. L’esempio virtuoso è quello spagnolo, dove la potenziale vittima di aggressione è dotata di un dispositivo in grado di rilevare la presenza dell’aggressore – dotato di braccialetto elettronico – nelle vicinanze e di generare immediatamente un allarme verso il Centro di Monitoraggio. I dispositivi permettono di tracciare costantemente la posizione del molestatore e notificano immediatamente al Centro di controllo la violazione di una delle zone di sicurezza attorno alla vittima. In questo modo esiste anche la possibilità di contattare la persona in regime interdittivo per verificarne le intenzioni e dissuaderla. La vittima dello stalker, d’altro canto, è dotata di un dispositivo portatile nel quale è presente un bottone di allarme che attiva anche la chiamata diretta con l’operatore. Ciò che in realtà manca da noi. In Spagna, dove tale scenario è già in uso dal 2009, a fronte di una crescita costante delle denunce per violenza domestica, la diminuzione degli omicidi legati alla violenza di genere nella Comunità Autonoma di Madrid è stato pari al 33,33% (da sei a quattro) rispetto all’andamento nazionale che ha registrato un calo del 18,75%. Dal 2009 sono stati confermati i successi della prima sperimentazione: nessuna delle vittime sottoposta a controllo elettronico è stata nuovamente oggetto di violenza.