Per le persone, i minori e le famiglie, la riforma civile ha portato novità significative. Claudio Cecchella, ordinario di Diritto processuale civile nell’Università di Pisa, evidenzia alcuni risultati raggiunti. «Mi auguro – dice al Dubbio – che non sorgano ulteriori difficoltà nell’entrata in vigore. Penso, soprattutto, alla riforma ordinamentale e al superamento dello schema contraddittorio di una competenza a volte sovrapposta tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario, tra l’altro in una materia in cui sono coinvolti diritti indisponibili di persone fragili, quali sono i fanciulli e la parte debole economicamente della relazione familiare, con il serio rischio di contrasti di giudicato, che dovrebbero essere superati dal giudice unico».

Professor Cecchella, in materia di persone, minori e famiglia assistiamo a cambiamenti profondi. Una rivoluzione?

Non c’è dubbio che l’intervento più significativo riguarda proprio il processo e il giudice delle persone, dei minori e delle famiglie: una vera e propria rivoluzione copernicana. Il superamento dell’assurda pluralità dei riti processuali, l’abbandono del modello camerale verso un processo scritto interamente dal legislatore, l’apertura verso misure provvisorie e la loro reclamabilità, i continui tentativi di risolvere la lite nell’accordo con il nuovo strumento della mediazione familiare, la riscrittura delle regole nell’ambito della consulenza tecnica sui profili personali e, infine, la sistemazione della frammentaria e contraddittoria disciplina degli strumenti di attuazione dei provvedimenti, fuori dagli schemi del Libro III del Codice di rito, costituiscono aspetti che non possono essere trascurati e che finalmente entreranno in vigore, con tutte le garanzie del giusto processo. Alla riforma del processo segue, seppure con un lasso di tempo maggiore, due anni, la riforma ordinamentale del giudice, attraverso l’introduzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie nella sua articolazione di prossimità circondariale e, in sede di reclamo o di appello, distrettuale, in composizione collegiale togata, con l’utilizzo non più del giudice laico nella camera di consiglio, bensì nell’ufficio del processo.

La riforma civile riuscirà a soddisfare le esigenze dei cittadini e a centrare gli obiettivi fissati dal Pnrr?

In effetti, dopo mesi di intenso lavoro all’interno delle commissioni volute dalla ministra Marta Cartabia, abbiamo temuto che la crisi governativa potesse pregiudicare i risultati raggiunti, che hanno preso le mosse, appena insediata la ministra, dall’emendamento Luiso, risultato della commissione presieduta dal professor Francesco Paolo Luiso, che ha compiuto un lavoro immane, con dei principi direttivi della legge delega aventi il sapore di veri e propri articolati finali. Poi, l’importante lavoro della commissione Giustizia del Senato e le approvazioni dell’Aula e successiva della Camera. Nelle commissioni il lavoro è stato intenso. In poco più di due mesi si è giunti all’articolato che ha costituito la base dei decreti legislativi, poi approvati dal Consiglio dei Ministri. Certamente si tratta di “affari correnti” che non potevano non essere conclusi, nonostante lo scioglimento del Parlamento, sia per il loro rilievo ai fini degli obiettivi fissati nel Pnrr e sia per l’importanza di alcuni interventi, non solo sul rito, penso ad esempio al processo digitale e particolarmente all’ufficio del processo, per il futuro della giustizia civile.

Il ruolo dell’avvocato è rafforzato proprio in materia di persone, minori e famiglie. La formazione del professionista è fondamentale?

La riforma propone nuovi orizzonti per la professione dell’avvocato, di cui la categoria deve essere consapevole. Consapevolezza che deve essere unita ad una insostituibile formazione specialistica. Mi riferisco alla espansione della negoziazione assistita della controversia, che ormai abbraccia l’intera materia familiare e minorile, al ruolo degli avvocati nell’ambito della mediazione familiare che non deve essere appannaggio esclusivo dell’Ordine degli psicologi, ma soprattutto alla diffusione, nel contenzioso, delle ipotesi di nomina di un curatore speciale del minore, vero e proprio difensore tecnico del fanciullo nei processi in cui si dettano le regole ai suoi diritti, quando il genitore non ha più la capacità di rappresentarlo. Vorrei aggiungere inoltre un’altra cosa.

Prego.

Devo lamentare la grave lentezza dei ministeri, essendo coinvolto anche quello dell’Università, nel dettare le linee guida che consentano alle scuole specialistiche di formazione degli avvocati di dare finalmente attuazione, secondo la legge professionale, alla formazione specializzata nella materia delle persone, dei minori e delle relazioni familiari e ovviamente anche nelle altre materie specialistiche.

L’introduzione di più tutele processuali a difesa dei minori e delle donne vittime di violenza è la grande novità?

Le ipotesi in cui il minore sarà rappresentato nel processo da un soggetto, difensore tecnico, diverso dal genitore e dall’avvocato del genitore, come accade all’estero, sono estremamente più ampie e diffuse rispetto al recente passato. Il processo, poi, terrà conto e subirà un mutamento di regole, quando una delle parti allegherà agli atti episodi di violenza subiti. In tal caso non saranno più applicate le norme che implicano un contatto diretto delle parti, si pensi al tentativo di conciliazione, alla mediazione familiare, e anche l’intervento del consulente tecnico o degli assistenti sociali dovrà tener conto dell’ipotesi. Tuttavia, con una soluzione equilibrata rispetto all’originario emendamento presentato al Senato, ai fini di un rilievo della violenza sulla regolamentazione della bi-genitorialità o del rapporto del genitore con il figlio, sarà necessario sempre un accertamento del giudice, seppure in forme sommarie ed agili, sul modello del processo cautelare.

Lei ha fatto parte del gruppo di lavoro del ministero della Giustizia per l’elaborazione degli schemi di decreto legislativo in materia di minorenni e famiglie. È stata un’esperienza impegnativa e gratificante?

Certamente. Devo essere grato alla ministra, per l’esperienza offerta, che ha condotto a un mio completamento professionale, avendo vissuto la materia da sempre come avvocato, avendola poi attraversata come obiettivo della mia ricerca universitaria, quale docente di Diritto processuale civile, consentendomi di impegnarmi anche nella tecnica legislativa di elaborazione della norma. Devo aggiungere che, anche nella difformità di opinioni, penso soprattutto ai magistrati con esperienza minorile rispetto agli avvocati, il lavoro è stato proficuo nel tentativo, a mio parere per lo più riuscito, di giungere a soluzioni accettate dalle parti, che devono costituire le basi per il futuro lavoro comune degli operatori della giustizia familiare e minorile.