Su Il Domani, Attilio Bolzoni, firma tra le più autorevoli nel campo della giustizia, spiega ai propri lettori che ora va di moda collegare la questione del dossier “Mafia appalti” alle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Sfugge, a dire il vero, che sia diventato davvero di moda, visto che la maggior parte dei grandi giornali, e le inchieste tv in prima serata, non hanno mai neppure citato il dossier, e continuano a sposare le tesi più disparate, tanto da rispolverare improbabili pentiti. Di fatto, Bolzoni minimizza il dossier “Mafia appalti” e sposa la solita teoria della doppia informativa. Ed è quest’ultima, in realtà, che va di moda, ogni volta ad esempio che l’avvocato della famiglia Borsellino, Fabio Trizzino, – in completa solitudine – indica di guardare al dossier. Si cita questa teoria (ovvero che i Ros avrebbero nascosto i nomi dei politici) totalmente sfatata dall’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta a firma della compianta Gilda Loforti. Da un passaggio dell’articolo si ha però l’impressione che Bolzoni potrebbe non conoscere a fondo il contenuto esplosivo del dossier dei Ros redatto sotto la supervisione di Giovanni Falcone. Ecco cosa scrive: «Il dossier Mafia e appalti era solo uno dei passaggi, i due giudici guardavano oltre: avevano capito che Totò Riina – attraverso i fratelli Buscemi della famiglia mafiosa palermitana di Boccadifalco – era socio nella Calcestruzzi spa con Raul Gardini, uno dei più famosi capitani d'industria italiani». Ma Falcone e Borsellino indubbiamente guardavano in quella direzione, perché questo connubio tra Riina e il grande colosso guidato da Gardini è stato citato per la prima volta proprio dal dossier stesso. Altro che informativa inutile e poco incisiva. Ma è solo una delle tante, consuete sottovalutazioni di quel dossier.