Quale sarà il destino della normativa sulla revisione dell'ergastolo ostativo? Approvato alla Camera lo scorso 31 marzo, il provvedimento si è arenato al Senato. In tutto sono stati presentati trentadue emendamenti dai senatori Grasso (Liberi e Uguali), Giarrusso (ItalExit), Balboni e Ciriani (Fratelli d'Italia), Cucca (Italia Viva), Caliendo e Dal Mas (Forza Italia), Pillon, Emanuele Pellegrini, Pepe, Urraro  Lega). Questi non sono mai stati votati. Si è cercato da parte delle forze politiche di superare i nodi più intricati anche attraverso una interlocuzione con il governo, come richiesto dal senatore dem Mirabelli, ma pure questa strada è fallita. Infatti la riunione dello scorso due agosto, in cui erano presenti la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina e i capigruppo dei partiti di maggioranza della commissione Giustizia, non ha risolto la questione delle possibili modifiche da apportare al testo licenziato a Montecitorio.

La conferenza dei capigruppo del quattro agosto ha rinviato tutto al sei settembre alle 15: 30, quando si terrà una nuova riunione per decidere se esaminare o meno i vari provvedimenti prima della fine della legislatura, tra cui appunto il fine pena mai. «In assenza di una disciplina chiara e uniforme, rischiamo che boss e condannati per gravissimi reati, senza aver collaborato con le autorità giudiziarie, possono usufruire di benefici. Per noi del Movimento 5 stelle questo è inaccettabile» aveva detto qualche giorno fa il senatore del M5s, Emiliano Fenu, durante le dichiarazioni di voto sul ddl di riforma della giustizia tributaria. Anche il leader Giuseppe Conte aveva scritto su Facebook: «Mentre gli altri partiti sono impegnati a definire ammucchiate elettorali e a spartirsi collegi per le elezioni, noi ci occupiamo di come evitare che boss mafiosi e condannati per reati molto gravi possano uscire dal carcere come se nulla fosse, usufruendo dei benefici penitenziari, se non venisse riformata in tempo l’attuale legge sull’ergastolo ostativo, che rischia di essere dichiarata a tutti gli effetti incostituzionale dalla Consulta».

Peccato, però, non abbia ricordato che la crisi e il conseguente blocco dei lavori parlamentari l'ha aperta proprio lui. Sulla riforma dell'ergastolo ostativo, va ricordato, influisce appunto il termine dell' 8 novembre concesso dalla Corte costituzionale a maggio: entro quella data il Parlamento dovrà portare a termine la modifica dell'art. 4 bis dell'ordinamento penitenziario. La domanda, che si pongono soprattutto i 1280 detenuti “senza speranza”, è: si giungerà ad approvare una legge? Difficile, se non impossibile che questo avvenga. La discussione dovrebbe riprendere in piena campagna elettorale e, in caso di modifiche in Senato, il testo dovrebbe tornare alla Camera.

Se dunque questo Parlamento non riuscirà, il nuovo avrebbe delle chance entro il limite temporale concesso dalla Consulta? Anche qui la partita si fa difficile sempre per una questione di tempi. In teoria, il provvedimento potrebbe essere inserito tra quelli urgenti per il nuovo Parlamento. Ma proprio quest'ultimo potrebbe mandare all'aria tutto il lavoro fatto e riaprire i giochi. Immaginate che vinca Giorgia Meloni a capo del centrodestra. Fratelli d'Italia, ricordiamo, l' 8 giugno dello scorso anno ha presentato alla Camera una proposta di legge costituzionale volta a modificare l'articolo 27 della Carta. Si prevede che si aggiunga il comma: "La legge garantisce che l’esecuzione delle pene tenga conto della pericolosità sociale del condannato e avvenga senza pregiudizio per la sicurezza dei cittadini". Certo, questo non è legato alla riforma dell'ostativo, in quanto già adesso la concessione dei benefici è possibile a condizione dell’insussistenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.

Però quella proposta fa emergere la cultura giuridica di Fratelli d'Italia che non si farebbe sfuggire l'occasione di peggiorare ancor di più il testo per ora passato solo alla Camera. Ma mettiamo il caso che arrivi l' 8 novembre e la legge non c'è: che farebbero i giudici costituzionali? Non c'è due senza tre si potrebbe ipotizzare: un terzo rinvio, visto i precedenti, costituirebbe uno sbocco plausibile. Ma sarebbe opportuno? Sappiamo che la Corte giudica le leggi e non fa politica in un certo senso. Tuttavia, soprattutto con un Parlamento a maggioranza centro- destra la Consulta avrebbe una ragione (interiore) in più per dichiarare finalmente in maniera formale l'incostituzionalità del fine pena mai, per noi rischiare di avere un “nuovo ergastolo ostativo” peggiore di quello ipotizzato dal Movimento Cinque Stelle.