È stato il ritrovamento, la scorsa estate, dei resti di centinaia di bambini nativi nei pressi di scuole cattoliche in Canada a riaccendere i riflettori su una delle pagine più buie della storia del Paese nordamericano. Una pagina buia per la quale Papa Francesco ora è in Canada per chiedere scusa alle popolazioni native americane. Si tratta di quello che è stato definito un «genocidio culturale» che per oltre un secolo il governo canadese ha perpetrato ai danni delle comunità native, portando via alle famiglie, spesso con la forza, centinaia di migliaia di bambini che furono iscritti in scuole residenziali, finanziate dallo stato e gestite dalla chiesa cattolica. L’obiettivo di questi istituti, rimasti attivi fino alla fine degli anni settanta, era quello di assimilare i bambini nativi alla cultura dominante, vietando loro di parlare la loro lingua e seguire le proprie tradizioni, forzando anche la conversione cristiana. In questi collegi i bambini hanno subito maltrattamenti, terribili abusi fisici e sessuali, e migliaia di ragazzi vi hanno trovato la morte, secondo quanto ha stabilito nel 2015 il rapporto della Truth and Reconciliation Commission, la commissione istituita dopo che nel 2008 il governo canadese si è formalmente scusato con le comunità indigene. «Attendevo di giungere tra voi. E da qui, da questo luogo tristemente evocativo, che vorrei iniziare quanto ho nell’animo: un pellegrinaggio penitenziale». Papa Francesco pronuncia il suo primo discorso del viaggio in Canada incontrando le popolazioni indigene First Nations, Métis e Inuit. Presenti anche il primo ministro Justin Trudeau, e la governatrice centrale del Canada, Mary Simons, prima governatrice indigena. «Giungo nelle vostre terre natie - dice il Pontefice parlando nella sua lingua, lo spagnolo - per dirvi di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono, guarigione e riconciliazione, per manifestarvi la mia vicinanza, per pregare con voi e per voi».  Bergoglio ripercorre gli incontri avuti quattro mesi fa con le popolazioni indigene in Vaticano, quando ascoltò le sofferenze patite, gli abusi, le violenze, gli orrori nelle scuole residenziali consentiti anche da tanti cattolici: «Allora mi erano state consegnate due paia di mocassini, segno della sofferenza patita dai bambini indigeni, in particolare da quanti purtroppo non fecero più ritorno a casa dalle scuole residenziali. Mi era stato chiesto di restituire i mocassini una volta arrivato in Canada; lo farò al termine di queste parole, per le quali vorrei prendere spunto proprio da questo simbolo, che ha ravvivato in me nei mesi passati il dolore, l’indignazione e la vergogna». «Necessario ricordare come le politiche di assimilazione e di affrancamento, che comprendevano anche il sistema delle scuole residenziali, siano state devastanti per la gente di queste terre. - denuncia -. Quando i coloni europei vi arrivarono per la prima volta, c’era la grande opportunità di sviluppare un fecondo incontro tra culture, tradizioni e spiritualità. Ma in gran parte ciò non è avvenuto. E mi tornano alla mente i vostri racconti: di come le politiche di assimilazione hanno finito per emarginare sistematicamente i popoli indigeni; di come, anche attraverso il sistema delle scuole residenziali, le vostre lingue e culture sono state denigrate e soppresse; di come i bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali; di come sono stati portati via dalle loro case quando erano piccini e di come ciò abbia segnato in modo indelebile il rapporto tra i genitori e i figli, i nonni e i nipoti». «Oggi sono qui, in questa terra che, insieme a una memoria antica, custodisce le cicatrici di ferite ancora aperte. Sono qui perché il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale in mezzo a voi - dice Francesco - è quello di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi, di tutto cuore, che sono profondamente addolorato: chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali».