Avrà il Pd di Enrico Letta la forza di superare se stesso e creare un nuovo fronte repubblicano, riformista e liberal, in grado di riportare a palazzo Chigi lagenda Draghi? E avrà Letta la generosità e quella grandezza visionaria che hanno i veri leader di fare un passo indietro e consegnare ad altri le chiavi di questa nuova creatura politica? Insomma, avrà la forza di guardare la storia negli occhi e di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà, ma anche con tutte le sue opportunità, come predicava Aldo Moro? Ecco, è questa la sfida che il Partito democratico ha di fronte a sé in questi giorni. Perché una cosa è chiara: non sarà sufficiente mettere in piedi un campo largo che potrebbe trasformarsi in unimprobabile armata Brancaleone antipopulista; né basterà ospitare al Nazareno i fuoriusciti di Forza Italia. No, il Pd dovrà scommettere tutto sul proprio stesso superamento, sul suo scioglimento, sulla fondazione di un nuovo contenitore che sia in grado di parlare a chi, per mille validi motivi, per convinzioni personali e valori, non ha mai votato il centrosinistra né mai lo farà ma si ritrova oggi orfano di un centrodestra che ha scelto di liberarsi di Draghi e della sua anima liberale. Il Pd dovrà cambiare vocabolario, simboli, orizzonti. E poi dovrà consegnare le chiavi di questo nuovo contenitore a Carlo Calenda, tra i pochi in grado di mettere in contatto i due universi: quello del centrodestra e quello del centrosinistra. Per qualcuno sarà un trauma, un dolore insopportabile, ma forse sarà il dolore di un parto...