«Per voi italiani la Russia è lontana, e il Mediterraneo non è un lago russo – si sfoga Karl, barista –. Per noi svedesi, e ancora di più per i finlandesi, la Russia è molto vicina». Questo, più o meno, il sentimento di quel 58 di svedesi che a maggio si è espresso favorevolmente all’adesione alla NATO. Dice Kenneth G. Forslund, presidente del Comitato sugli affari esteri del Riksdag (il parlamento svedese), e membro dei Socialdemokraterna (socialdemocratici): «La politica di non- allineamento è stata una parte importante delle politiche del nostro partito, e ha servito bene la Svezia per oltre duecento anni. Ma i tempi sono cambiati. Nella nuova realtà emersa dopo la brutale e illegale invasione russa dell’Ucraina, la Svezia ha bisogno di formali garanzie di sicurezza, che derivano dall’essere membri della NATO. Per la sicurezza della Svezia e del suo popolo, la NATO è l’opzione migliore e più fattibile» [Per Svezia e Finlandia la NATO è la sola garanzia contro l’imperialismo russo, di Gabriele Catania, su Valigia blu].

È da questo sentimento che è nata la richiesta di Svezia e Finlandia di aderire alla NATO. Quella richiesta – per l’approvazione della quale è necessaria l’unanimità dei membri – contro la quale si è schierato Erdogan, imputando a svedesi e finlandesi di dare ospitalità e protezione ai “terroristi curdi”. È solo dopo il “Memorandum di intesa” firmato a Madrid, il 28 giugno, da Mevlut Cavusoglu, Pekka Haavisto? e Ann Linde?, rispettivamente ministri degli Esteri turco, finlandese e svedese, che Erdogan ha concesso il suo via libera.

È stato un ricatto politico – non c’è un’altra definizione possibile. Erdogan ha profittato della situazione per mettere il coltello alla gola di svedesi e finlandesi. Che hanno rimangiato in parte la loro decennale posizione di critica e accusa nei confronti dell’autocrate turco di condurre una guerra spietata non solo contro i curdi ma contro ogni opposizione interna. Anche perché nei due paesi scandinavi, c’è una consistente comunità curda (circa centomila in Svezia e diecimila in Finlandia) che riesce, come in Germania, a fare sentire la loro pressione. «Io penso sia stata una resa dello Stato svedese di fronte a un paese nemico della libertà quanto la Russia di Putin» – dice A., figlio di curdi, e dipendente di un ente pubblico svedese.

L’intesa tra la Svezia, la Finlandia e la Turchia ha fatto infuriare Amineh Kakabaveh parlamentare indipendente che ha definito “inaccettabile” il negoziato con il regime turco, definendolo fascista e “una dittatura”. E proprio a inizio giugno Kakabaveh aveva anche salvato una seconda volta il governo di minoranza di Magdalena Andersson che, a sua volta, aveva confermato la cooperazione con il PYD, il Partito dell'Unione Democratica attivo nella Federazione del Nord della Siria, inserito ora nel Memorandum come “terrorista”. L’allarme maggiore – perché immediato – è scattato a proposito della possibilità che Svezia e Finlandia avessero firmato un protocollo che li impegnava a avviare pratiche di estradizione e consegnare immediatamente a Erdogan una lunga lista di nomi che l’autocrate turco considera “terroristi” e che hanno trovato lì rifugio.

Questa “notizia” è girata per giorni sui social – soprattutto in quell’area che considera responsabile di questa guerra la NATO e che quindi giudica l’adesione di Svezia e Finlandia una “escalation” contro Putin, una minaccia ai russi. Più o meno, il “copione ucraino” ( l’allargamento a est della NATO è l’origine della risposta russa). Ora, non c’è scritto da nessuna parte del Memorandum questa cosa e il paragrafo 8 vincola ogni decisione sull’estradizione a che sia presa «in conformità con la Convenzione europea sull'estradizione». Per Martti Koskenniemi, professore emerito di Diritto Internazionale presso l’Università di Helsinki, e tra le menti legali più note d’Europa, il Memorandum «incarna una formula diplomatica di compromesso che in realtà vincola i due paesi semplicemente ad avere più colloqui. Ritengo impensabile che questo possa condurre a qualche cambiamento legislativo significativo in Finlandia». Eppure, qui è scattato subito quello strano meccanismo mentale per cui i ricattati (Svezia e Finlandia) sono i colpevoli, e il ricattatore (Erdogan) passa sotto silenzio. Di nuovo, il “copione ucraino”. Non fa bene alla causa curda, oltre che alla verità, dire cose inventate.

Dice Michael Walzer – professore emerito a Princeton, filosofo della? politica, da sempre impegnato nella sinistra americana – in un bel colloquio con Wlodeck Goldkorn su l’Espresso del 10 luglio: «Cosa ha ottenuto la Turchia per aver “permesso” a Svezia e Finlandia di entrare nell’Alleanza atlantica non è del tutto chiaro, ma sembra un accordo a spese dei curdi, traditi di nuovo». Intanto, il 7 luglio 2022, l'amministrazione autonoma ha dichiarato lo stato generale di emergenza per tutte le regioni del nord est della Siria. I bombardamenti turchi si sono intensificati. Il 19 luglio di dieci anni fa, è iniziata la rivoluzione del Rojava. Per quella data, si chiede una mobilitazione internazionale.