Si è tolto la vita ieri pomeriggio nel carcere Marassi di Genova il pensionato di 70 che nei giorni scorsi aveva aggredito la moglie a sprangate. Ne dà notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE parlando di nuovo «polemica se l’uomo dovesse davvero stare in un carcere e non piuttosto una Rems, residenza per l’esecuzione misure di sicurezza, come quella inaugurata il 9 giugno scorso a Calice». «Abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è una sconfitta per lo Stato», commenta Michele Lorenzo, segretario nazionale per la Liguria del SAPPE. «L’uomo ha atteso che i detenuti che erano con lui in cella andassero all’ora d’aria, verso le 15, e dopo avere predisposto le ante della finestra in modo da occultare la vista al personale di sorveglianza si è ucciso impiccandosi alle grate della finestra». «Il fatto è grave - afferma Lorenzo - e si colloca in un quadro complesso degli istituti penitenziari della Liguria: ricordo che le carceri regionali sono pressoché quotidianamente protagoniste di proteste, di vari tentati suicidi sventati in tempo dalla Polizia Penitenziaria e di moltissimi atti offensivi verso la Polizia penitenziaria. Le carceri della Liguria non possono più reggere il peso dell’indifferenza dell’Amministrazione penitenziaria, senza un Provveditorato regionale a Genova, autonomo ad operare, che non dipenda da Torino come è oggi, e senza un carcere a Savona: è indispensabile incontrarci e capire cosa non funziona, ma è ovvio che le cause del suicidio possono essere innumerevoli. Certo è che quest’uomo, che pare avesse qualche problema psichiatrico, forse era più opportuno che venisse assegnato ad una Rems che non in un carcere». Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, sottolinea che «il suicidio e tutti questi altri eventi critici lasciano tutti nello sconcerto, sia il personale operante che i detenuti ivi presenti. Il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti». «Torno a denunciare - prosegue Capece - come la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese». «Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni. Ed è grave che, pur essendo a conoscenza delle problematiche connesse alla folta presenza di detenuti psichiatrici, le Autorità competenti non sia ancora state in grado di trovare una soluzione. Ogni giorno nelle carceri italiane succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre. Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. Anche la gestione dei detenuti con problemi psichiatrici, che hanno invaso le carceri dopo la chiusura degli O.P.G., merita attenzione ed una urgente e compiuta risoluzione. Certo è che la loro presenza ha fatto aumentare il numero degli eventi critici nelle carceri». «A nostro avviso sarebbe importante rivedere il modello custodiale in atto», conclude Capece. «Fondamentale sarebbe eliminare l’ozio nelle celle. Altro che vigilanza dinamica. L’Amministrazione Penitenziaria non ha affatto migliorato le condizioni di vivibilità nelle celle, perché ad esempio il numero dei detenuti che lavorano è irrisorio rispetto ai presenti, quasi tutti alle dipendenze del Dap in lavori di pulizia o comunque interni al carcere, poche ore a settimana». Il SAPPE si rivolge quindi «al Guardasigilli Marta Cartabia di trovare una soluzione urgente ai problemi penitenziari della Liguria e dell’intero Paese».