Finisce con Giuseppe Conte che sale al Quirinale la giornata campale tra il Movimento 5 Stelle e il presidente del Consiglio. Al centro del colloquio, durato oltre un’ora, il «grave» atteggiamento del premier nei confronti del suo predecessore. Secondo quanto riferisce al Fatto quotidiano il sociologo Domenico De Masi, infatti, Mario Draghi avrebbe chiesto a Beppe Grillo la rimozione dell’avvocato. È l’innesco che potrebbe far venire giù tutto nello stesso giorno in cui il governo annuncia lo stop alle proroghe per il superbonus edilizio al 110 per cento, una vera e propria bandiera per i grillini e per l’ex premier. Tanto che Draghi è costretto ad approfittare di una pausa al vertice Nato di Madrid per spiegare ai giornalisti: «Con Conte ho parlato poco fa, l’avevo cercato stamattina, mi ha richiamato lui, abbiamo cominciato a chiarirci». La precisazione non basta. E il capo del governo decide di anticipare il ritorno nella Capitale.

A Roma, infatti, il clima è rovente. Conte è furioso. E mentre il fondatore del Movimento continua confondere le acque su appoggio esterno e limite dei due mandati, il capo del partito esplode: «Trovo grave che un premier tecnico, che ha avuto da noi sin dall’inizio l’investitura per formare un governo di unità nazionale, si intrometta nella vita di forze politiche che lo sostengono, per altro», è la reazione minacciosa, e a reti unificate, del leader 5S. Che poi si rivolge agli altri partiti della maggioranza, invitandoli a riflettere su quanto accaduto senza «sghignazzare», perché un comportamento simile da parte del premier un domani potrebbe abbattersi su chiunque. In gioco ci sono i «valori della democrazia», aggiunge. Conte si dice «sconcertato» da Draghi, anche se precisa che Grillo gli «aveva riferito di queste telefonate». Nessuna congiura ordita alle spalle, dunque. O almeno è questo che l’avvocato vuole fare intendere.

Ma mentre le fiamme avvolgono il quartier generale, ci pensa l’“elevato” a fare il pompiere, a tirare il freno a mano, a trasformare tutto in gag. Non è ancora il momento di rompere, è il ragionamento che l’uomo del “vaffa” prova a imbastire ai tanti parlamentari, soprattutto senatori, che gli chiedono la benedizione per l’addio alla maggioranza. E non sono i soli, almeno a sentire le parole del ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, che a proposito delle telefonate di Draghi dice: «Mi sembra verosimile e mi sembra non ci sia nessuna smentita».

La smentita da Palazzo Chigi, in realtà arriverà molto più tardi, all’ora di cena, poco prima di quella di Grillo. Ma se così fosse, sarebbe un fatto «molto» grave, aggiunge il ministro, associandosi alla sfuriata di Conte. L’insofferenza dei grillini nei confronti dell’esecutivo è tanta. E in mattinata si consuma anche il dramma di Paola Taverna, che su Facebook pubblica, e poi rimuove, un post contro il fondatore del Movimento. «Beppe insieme a Gianroberto ci hanno regalato un sogno, un’alternativa valida a un sistema politica marcio. Ora ci si chiede il perché... perché sta succedendo questo Beppe? Perché stai delegittimando il nostro capo politico?». Poi lacrime, scuse e telefonate. Dietro la pubblicazione, dice la vice presidente del Senato, ci sarebbe la “manina” (la stessa che ricorre spesso nella storia pentastellata) di un membro del suo staff, un attivista vecchio stampo che la verace esponente M5S ha provveduto immediatamente a rimuovere. «Non so se voleva pubblicarla sulla sua pagina, non so cosa diavolo sia successo, so solo che mi ha ammazzata», dice Taverna disperata, «mi fatto un danno incredibile».

Errore o pentimento, nel Movimento si respira comunque una brutta aria. Tanto che Grillo decide di annullare, ufficialmente per “stanchezza”, il vertice previsto nel pomeriggio con ministri e sottosegretari e di lasciare Roma in fretta e furia. Meglio svignarsela prima che arrivi una nuova tempesta legata al limite dei due mandati. «Un totem» per il garante, che per due giorni ha giocato a prender tempo, a viaggiare sul filo del “poi vediamo”, lasciando però sul terreno la prima “vittima” della tagliola: Giancarlo Cancelleri non sarà il candidato del M5S alle primarie del centrosinistra siciliano. Non c’è più il tempo per organizzare una votazione su SkyVote. Il rischio è che il sottosegretario ora lasci il partito portando con sé un’altra piccola pattuglia di eletti e che i fedelissimi di Conte ( big del calibro di Fico, Taverna, Bonafede e Crimi) comincino a temere anche per il loro futuro. L’avvocato non potrà permetterlo, a costo di ingaggiare uno scontro finale col fondatore. E forse andrà dritto per la sua strada anche sul nodo esecutivo. Perché è vero, come dice Draghi, che il chiarimento è stato incardinato, ma ancora non si è affatto consumato. E pure se «il governo non rischia», come garantisce il premier, non è detto che continuerà a contare sulle stesse forze di oggi.