Diversi governatori Usa hanno preso posizione dopo la sentenza con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha restituito ai singoli Stati l’autorità decisionale in materia di aborto. Dopo il superamento della storica sentenza Roe v. Wade, che definiva l’aborto come diritto di rango costituzionale, 22 Stati Usa si preparano a introdurre misure anti-abortive, mentre 16 Stati, incluso Washington D.C., hanno già varato leggi che tutelano l’interruzione di gravidanza, consentendola in alcuni casi sino al nono mese di gravidanza o persino durante il travaglio. Secondo quanto anticipato dalla stampa Usa, le limitazioni del diritto all’aborto riguarderanno principalmente gli Stati conservatori del Modwest, dove in molti casi si potrebbe assistere alla chiusura delle cliniche abortive. Nel South Dakota, praticare l’aborto è già reato a meno che sia in pericolo la vita della donna in gravidanza, senza eccezioni per i casi di stupro. La governatrice repubblicana dello Stato, Kristi Noem, ha dichiarato che le autorità statali perseguiranno i medici che praticano aborti illegali, ma non le donne. Noem ha anticipato anche ulteriori misure restrittive per impedire la prescrizione di pillole abortive tramite telemedicina, definendola «una procedura medica molto pericolosa». «Tramite la scienza e la medicina sappiamo molto più di 10 o 15 anni fa in merito a quanto subiscono questi bambini e il dolore che possono avvertire nel grembo materno», ha dichiarato la governatrice riferendosi ai feti in differenti stadi di sviluppo. Diversi Stati a guida democratica, come il Colorado, si sono invece già premuniti con leggi che sanciscono formalmente il diritto all’aborto. A livello federale, il procuratore generale Merrick Garland ha dichiarato che il dipartimento di Giustizia intende condurre una battaglia legale per garantire il diritto all’aborto e l’accesso alle pillole per l’interruzione di gravidanza sull’intero territorio nazionale.