Scintille tra Lega e Pd in Aula al Senato, che ieri ha approvato i 43 articoli della riforma del Csm, dopo aver respinto tutti gli emendamenti presentati. La seduta è stata aggiornata alle 9,30 di oggi per il seguito della discussione e il voto finale. Ma si prevedono già polemiche, dopo quelle di ieri scaturite dalla scelta della Lega di lasciare sul piatto - unico partito, assieme a Fratelli d’Italia - tutti gli emendamenti già bocciati in Commissione. Il presidente della Commissione Giustizia e relatore del provvedimento, il leghista Andrea Ostellari, ha annunciato di rimettersi all’Aula, lasciando i senatori liberi di votare ogni proposta senza alcuna indicazione. Tra le proposte presentate dalla Lega anche una sulle misure cautelari, per la quale si è proceduto a scrutinio segreto, suscitando le polemiche del Pd. «Voglio esprimere il rammarico per questa richiesta da una forza che fa parte del governo e che dopo aver votato la riforma alla Camera - ha detto la presidente dei senatori dem Simona Malpezzi - sembra non volerla portare a casa. C’è già stata l’anomalia a inizio del dibattito quando il presidente e relatore Ostellari, che ha ricevuto il mandato dalla commissione, ha mantenuto questo ruolo senza esercitarlo. Questa cosa è grave». Accuse «inaccettabili» secondo il leghista Massimiliano Romeo: «Il Pd ha detto in campagna referendaria che le riforme le deve fare il Parlamento e il Parlamento è libero di decidere quello che meglio crede sulla giustizia». L’emendamento, bocciato dall’Aula, prevedeva una stretta sulle misure cautelari, criticata con forza dalla senatrice dem e presidente della Commissione Femminicidio Valeria Valente, secondo cui tale proposta avrebbe consentito «di uccidere più facilmente le donne». Ma a replicare ci ha pensato Giulia Bongiorno: «È vergognoso, dite cose campate in aria - ha sbottato la responsabile giustizia della Lega -, i casi di stalking e violenza sulle donne sono esclusi». Nel corso della seduta di ieri è arrivato invece il passo indietro di Italia Viva, che ha deciso di ritirare i propri emendamenti per far fronte alla «esigenza di chiudere in tempi brevi e procedere all'elezione del prossimo Csm», ha evidenziato Giuseppe Cucca. Ma il partito di Matteo Renzi ha deciso di astenersi dal voto, ribadendo «tutte le perplessità» sulla riforma. «Il ritiro degli emendamenti non ci impedirà infatti di chiedere comunque tutte le modifiche che saranno necessarie», ha sottolineato Cucca, anche perché dall’impostazione data dalla Commissione Luciani, «si è ritornati al testo Bonafede, con qualche passata di bianco che si scrosta facilmente». Insomma, «una miniriforma del tutto inutile». Ad aprire i lavori è stato Ostellari, che dopo aver evidenziato il «gravissimo deficit di democrazia all’interno dei rapporti e dei poteri democratici del nostro Paese» ha ribadito di non voler puntare il dito né contro il governo né contro i giudici. Ma lo ha fatto contro il Pd, chiedendo ai suoi rappresentanti «di smetterla di usare i provvedimenti per piantare bandierine ideologiche o creare polemiche». Un riferimento al fatto che i dem hanno bollato come «irresponsabile» l’atteggiamento della Lega, al punto da spingere il segretario Enrico Letta a invocare il voto di fiducia. Ma l’intento del Carroccio, ha sottolineato Ostellari, è di mettere l’Aula «davanti agli interrogativi degli italiani e dei magistrati», garantendo un «dibattito», senza puntare sulla «velocità» invocata da qualcuno, ha affermato, assicurando di non riferirsi però alla ministra Marta Cartabia. Alle parole di Ostellari ha risposto il senatore del Pd Franco Mirabelli, secondo cui «il risultato del Referendum ci dice che i cittadini chiedono al Parlamento di fare le riforme e questa è la riforma possibile», capace di restituire «credibilità al sistema giudiziario». Mirabelli ha ricordato il «vincolo di maggioranza», chiedendo un’assunzione di «responsabilità di fronte al Paese e al governo» e sottolineando di non aver «mai conosciuto un partito di governo che fa l'opposizione». Ma che serva un intervento più incisivo, secondo il leghista Pasquale Pepe, lo avrebbe dimostrato proprio il Referendum: «I sì hanno prevalso sui no e i 10 milioni di cittadini che hanno votato confermano quanto dichiariamo da tempo». Proprio per tale motivo ha l’Aula a non «sciupare questa occasione storica», in attesa della prossima legislatura, «quando ci sarà una maggioranza di centrodestra più coraggiosa, più omogenea», che metterà mano alla giustizia in maniera più decisa. Per il forzista Franco Dal Mas si tratta però della «migliore riforma possibile», che «apre a un percorso ancora tutto da scrivere per una riforma più radicale che affronti i veri problemi della giustizia».