Ricordate il caso di Claudio Cirinnà, trattenuto in carcere sulla base di un atto del Tribunale di Sorveglianza di Roma annullato dalla Cassazione? Riassumiamo la storia per chi si fosse perso le scorse puntate. In breve: l’11 novembre 2021 era stata rigettata la richiesta di misure alternative in relazione alla pena di un anno, un mese e 4 giorni di reclusione come residuo della maggiore pena a 2 anni e 8 mesi. Tuttavia l’ordinanza era stata annullata con rinvio dalla Cassazione lo scorso 11 maggio. Inoltre anche l’ufficio esecuzione della Procura capitolina aveva respinto la richiesta di sospensione della pena in carcere «non potendosi sospendere più di una volta l’esecuzione della stessa condanna». Il legale di Cirinnà, l’avvocato Cataldo Intrieri, aveva immediatamente presentato al giudice dell’esecuzione penale la richiesta di annullamento del decreto di revoca della sospensione della pena emesso dalla Procura. Ebbene, ora il giudice gli ha dato ragione, argomentando come segue. «Condivise le argomentazioni esposte dalla difesa del condannato - si legge nel provvedimento - dovendosi ritenere nulla l’attività posta in essere a seguito di atto dichiarato nullo dispone la liberazione del condannato». E così abbiamo chiesto all’avvocato Cataldo Intrieri di fare un’analisi dell’accaduto e se è soddisfatto di quanto ottenuto. «Non si tratta di questo - ci dice - come avvocato sono stupito che sia successa una cosa del genere». Per poi spiegare gli eventi. «Un cittadino ha subìto oltre cinque mesi di carcerazione senza titolo - continua l’avvocato - primo perché il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha sbagliato a decidere su di lui senza neanche avere le relazioni dei servizi sociali per valutare il suo comportamento dopo la commissione dei fatti; secondo per l’opposizione strenua della Procura della Repubblica di Roma, che è arrivata a negare ciò che non si poteva negare, ossia che la nullità dell'ordinanza rendesse impossibile far restare in galera il mio assistito». Ma dal momento che la notizia è arrivata a poche ora dal fallimento dei cinque referendum sulla giustizia, tra cui quello che si poneva l’obiettivo di limitare l’abuso della custodia cautelare i carcere, ecco che la chiosa finale dell’avvocato Intrieri non si limita soltanto a fornire una visione delle cose ma non nasconde anche l’amarezza per lo stato dell’arte in Italia. «Alla luce anche del fiasco dei referendum - conclude infatti l’avvocato - fatti come questi dovrebbero invece far riflettere sull’uso del carcere in questo Paese».