Un’affluenza bassa, bassissima, la peggiore nella storia dei referendum. Meno del 20 per cento di elettori andati a votare i cinque quesiti sulla giustizia, un flop che scuote la politica e soprattutto chi ha sostenuto con maggior forza il referendum, cioè la Lega e il suo leader Matteo Salvini. A metterci la faccia è Roberto Calderoli, senatore del Carroccio che per squarciare il velo di silenzio sui quesiti ha iniziato a inizio giugno uno sciopero della fame. «Ho personalmente scritto al presidente della Repubblica e non ho ancora ricevuto una telefonata o un whatssapp di conforto personale - ha detto Calderoli ragionando sulle ultime ore di voto - Spiace perché il capo dello Stato è anche garante della Costituzione: mi spiace anche per cortesia istituzionale, perché io sono vicepresidente vicario del Senato e mi sarei aspettato maggiore attenzione». Per poi spiegare, dal suo punto di vista, i motivi del flop. «Secondo me le battaglie più difficili sono quelle più nobili da combattere - ha commentato - In questo la Lega ci ha messo la faccia e rivendichiamo quello che abbiamo fatto: lo faccio con orgoglio, a fronte di più di 200 eventi organizzati in questo mese di campagna elettorale e di mille gazebo organizzati». Non solo, perché Calderoli ha anche ringraziato «i circa dieci milioni di cittadini che sono andati a votare esprimendo il loro diritto dovere di voto come da articolo 75 della Costituzione» e ha denunciato «un complotto organizzato da singoli soggetti, magari in forma non associativa, perché il quorum non fosse raggiunto». E ha infine attaccato sia la Corte costituzionale che non ha ammesso i quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati, sulla cannabis e sull’eutanasia, sia il governo, reo di aver voluto approvare riforma Cartabia a maggio «pur di rendere vani tre quesiti su cinque». Un minimo di conforto è arrivato dai sì, che hanno vinto in tutti e cinque i quesiti: a valanga su separazione delle funzioni dei magistrati, consigli giudiziari ed elezione del Csm, con meno margine su legge Severino e limitazione delle misure cautelari. Già a metà giornata dalla Lega era filtrata una nota di ringraziamento ai «milioni di italiani che hanno votato o voteranno nonostante un solo giorno con le urne aperte, il silenzio di troppi media e politici, il weekend estivo e il vergognoso caos seggi visto per esempio a Palermo». E Salvini aveva pure espresso «preoccupazione e sconcerto» al capo dello Stato per il caos di Palermo, con decine di sezioni senza il presidente di seggio. Il numero uno di via Bellerio in serata ha poi ringraziato gli elettori. «È nostro dovere continuare a far sentire la loro voce», ha sottolineato. «L’uso eccessivo dello strumento del referendum l’ha logorato ha commentato a caldo il leader di Azione, Carlo Calenda - Ciò premesso, i dati di affluenza sono disastrosi e denotano un distacco pericoloso dei cittadini anche dalle competizioni comunali». Il numero uno di Italia viva, Matteo Renzi, dopo esserci recato a votare nel tardo pomeriggio a Firenze ha rimandato a oggi qualsiasi commento «per rispetto del silenzio elettorale». Ha parlato però il suo colonnello, Ettore Rosato, secondo cui il risultato del quorum era «scontato» perché «ci sono partiti che hanno fatto campagna elettorale, altri che si sono tirati indietro», con riferimento alla posizione ambivalente del Pd sull’astensionismo. «Dobbiamo utilizzare al massimo tutti quei Sì e iniziare una battaglia per una riforma della giustizia ormai necessaria», ha concluso Rosato. La risposta dai dem è arrivata per bocca della capogruppo alla Camera, Deborah Serracchiani. «I referendum sulla giustizia bocciati dagli elettori, soprattutto da quelli dei partiti che li hanno promossi - ha detto l’esponente del Pd - Una così bassa affluenza, nonostante l’abbinamento col voto per i comuni, prova la complessità dei quesiti e l’uso strumentale dell’istituto referendario: ora avanti in Parlamento per completare la riforma della giustizia che i cittadini attendono e che la Lega ha bloccato irresponsabilmente». E con Anna Rossomando, responsabile Giustizia del partito, il Pd ha dichiarato definitamente chiusa la guerra dei trent’anni tra politica magistratura. «Noi da domani (oggi, ndr) siamo di nuovo al lavoro per approvare in Parlamento l’ultima riforma, quella del Csm - ha detto Rossomando - Abbiamo detto che la guerra dei trent’anni sulla giustizia era finita e oggi anche cittadini italiani oggi lo hanno riaffermato: possiamo dire con certezza che i cittadini hanno scelto le riforme e hanno respinto al strumentalizzazione propagandistica di chi ha promosso il referendum». Di «occasione persa» ha parlato invece il segretario di + Europa, Benedetto Della Vedova. «I sì sulla separazione delle carriere dimostrano che quello è un tema importante, ma il quorum al 50 per cento significa portare al voto oltre i due terzi degli elettori che votano alle politiche - è il suo ragionamento - Quando partiti come Pd e M5S scommettono sul fallimento dei referendum diventa difficile: con i quesiti su cannabis ed eutanasia avremmo avuto un film diverso in termini di partecipazione ma se vogliamo salvare questo istituto di democrazia diretta dobbiamo ragionare sul quorum». Perché l’astensionismo, oggi, è l’unico vincitore.