«Le televisioni stanno nascondendo in maniera vigliacca e infame i referendum sulla giustizia: è una campagna di censura». Non ci sta andando giù leggero in queste ultime ore di campagna referendaria in giro per l’Italia il leader della Lega, Matteo Salvini, in prima linea per l’approvazione di tutti e cinque i quesiti sulla giustizia. Si vota domenica dalle 7 alle 23 e se il Carroccio, Forza Italia e la cosiddetta quarta gamba spingono per i cinque , la principale differenza nel centrodestra è costituita da Fratelli d’Italia, che voterà Sì a tre quesiti e No agli altri due. Ma è Salvini ad averci messo in pieno la faccia, intestandosi la battaglia per la raccolta firme assieme ai Radicali. E così, dopo aver auspicato una vittoria del «per cambiare definitivamente la giustizia in questo paese», negli ultimi giorni sta battendo il tasto dell’informazione (che non c’è) sui quesiti. Tirando in ballo anche le cariche istituzionali, ree secondo l’ex ministro dell’Interno di non fare luce sulla campagna referendaria.

«Magari sono distratto io, ma non mi sono accorto che fino a oggi dalle massime cariche dello Stato sia arrivato un promemoria agli italiani sul fatto che possono votare - ha detto ieri il numero uno di via Bellerio - È giovedì, e quindi conto che da qui a domenica sia il presidente della Repubblica sia il presidente del Consiglio si limitino quantomeno a ricordare agli italiani che votare i referendum è un diritto». Particolare enfasi è data da Salvini e dalla Lega tutta sul quesito che mira ad abrogare la legge Severino (sul quale Fratelli d'Italia voterà No, ma ci torneremo). «La legge Severino è sbagliata - ha sottolineato il leader del Carroccio - Se in Italia sei colpevole dopo tre gradi di giudizio non si capisce perché per gli amministratori la colpevolezza debba essere anticipata al primo grado: fare decadere un amministratore pubblico senza una condanna definitiva mi sembra eccessivamente punitivo».

Sì anche alla separazione delle funzioni tra giudici e pm, «come riteneva corretto anche Giovanni Falcone», e agli altri tre quesiti su abuso della custodia cautelare in carcere, consigli giudiziari ed elezione del Csm. Oltre alla Lega, anche Forza Italia è favorevole a tutti e cinque i quesiti referendari. D’altronde, Silvio Berlusconi è stato ed è tuttora l’indiscutibile protagonista della battaglia tra politica e magistratura scaturita da Mani Pulite e che si propaga, con altri mezzi e altri soggetti, anche oggi. È stato proprio l’ex presidente del Consiglio a lanciare il rush finale per i referendum, definiti «fondamentali» nel corso dell’ultima convention del partito di tre settimane fa a Napoli. Il loro successo, ha spiegato il Cavaliere, potrebbe «contribuire a cambiare davvero il rapporto fra lo Stato e il cittadino e fare dell’Italia un Paese più garantista e quindi più libero».

Dello stesso avviso i colonnelli del partito, dal sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, alla vicecapogruppo di Fi in Senato, Licia Ronzulli. «Il cammino delle riforme in tema di giustizia e quello dei referendum sono perfettamente compatibili - ha risposto il primo a chi rinfacciava un voto “inutile” visti i passi avanti fatti grazie al lavoro della Guardasigilli, Marta Cartabia - Domenica è auspicabile un’ampia partecipazione popolare perché la giustizia riguarda tutti». Per Ronzulli invece «i referendum sono importanti perché i cittadini potranno scrivere un altro pezzo di una riforma che non è quella che avremmo voluto, essendo frutto di un compromesso con Pd e Movimento 5 Stelle».

Sì a tutti e cinque i quesiti anche da Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia, secondo il quale «mai come questa volta c’è una possibilità concreta da parte dei cittadini di dare un segnale molto forte». Maggiore rilevanza per l’ex ministro dei Trasporti ha il quesito sulla legge Severino. «Occorre riequilibrare i poteri e c’è bisogno di una giustizia che si metta al servizio dei cittadini - ha aggiunto Lupi - Bisogna tornare a tempi certi per la giustizia e a un giusto processo: non bisogna essere condannati per un avviso di garanzia».

Parere diverso, nella coalizione, è quello di Fratelli d’Italia, che ormai, dalla rielezione di Sergio Mattarella in poi, non va più d’accordo con la Lega praticamente su nulla. «Viva la libertà», ha detto Salvini quando ha saputo che Giorgia Meloni avrebbe dato indicazioni di votare No ai quesiti per l’abrogazione della legge Severino e per la limitazione della custodia cautelare in carcere.

Fratelli d'Italia è per il Sì su separazione delle carriere dei magistrati, equa valutazione degli stessi e riforma del Csm. «La proposta referendaria sulla carcerazione preventiva impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini - ha spiegato Meloni - La legge Severino deve essere profondamente modificata per le sue evidenti storture, ma la sua totale abolizione significherebbe un passo indietro nella lotta senza quartiere alla corruzione».

Sì convinto invece al quesito sulla separazione delle funzioni tra giudici e pm, tema sul quale Fratelli d'Italia ha presentato degli emendamenti alla riforma Cartabia per andare anche oltre. «Giudici e pubblici ministeri devono fare concorsi diversi, accedere diversamente alla magistratura e avere organi di autocontrollo diversi perché solo così si può arrivare al giusto processo secondo la Costituzione - ha detto Andrea Delmastro Delle Vedove, esponente di Fratelli d'Italia - Il referendum propone solo la separazione delle funzioni, ma abolisce il meccanismo delle porte girevoli e per questo voteremo Sì».

In vista del voto la tensione tra i due principali partiti della coalizione, Lega e Fratelli d’Italia, resta comunque alta, con il capogruppo al Senato di Fratelli d'Italia, Luca Ciriani, che torna a chiedere «chiarezza» agli alleati. Passata la tornata elettorale, Meloni e Salvini dovranno per forza di cose mettersi a tavolino e chiarire. Pena la spaccatura definitiva di uno schieramento già piuttosto frammentato.