C’è una bambina di sei mesi che deve fare una operazione urgente. Per avere il riconoscimento di paternità è necessaria la presenza del padre, ma l’uomo è detenuto in Alta sicurezza e da circa sette mesi è in attesa della concessione del permesso per recarsi all’anagrafe: per ben tre volte, le richieste sarebbero state rigettate. Per poter programmare l’intervento, tramite il centro unico di prenotazione (Cup), è necessario che la piccola abbia un medico di base, ma senza la registrazione all’anagrafe la piccola non è ancora in possesso neanche del Codice fiscale e quindi per lo Stato italiano non esiste. Una vicenda denunciata dall’Associazione Yairaiha Onlus e segnalata al ministero della Giustizia, al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e al Garante nazionale delle persone private della libertà. L’associazione denuncia che il diritto alla salute di una minore ancora in fasce non possa essere pregiudicato da ulteriori lungaggini burocratiche e, per tale ragione, «portiamo alla vostra attenzione la seguente segnalazione». Segnala che a M. L., detenuto in Alta sicurezza presso la Casa Circondariale di Cosenza “S. Cosmai”, da circa 7 mesi non viene concesso di potersi recare all’anagrafe di Casali del Manco (Cs) per il riconoscimento di paternità della figlia, nata il 30 novembre del 2021. «La bambina – scrive Yairaiha Onlus - necessita di un delicato intervento al più presto ma, a causa del mancato riconoscimento di paternità, non dispone del Codice fiscale e non esiste agli occhi dello Stato!». Il detenuto, che teme per l’aggravarsi delle condizioni di salute della piccola, ha presentato per ben tre volte regolare istanza sia alla Corte d’Appello che al Magistrato di Sorveglianza competente, ma – come segnala l’associazione - tutte le richieste sono state rigettate. Nella segnalazione, Yairaiha Onlus rileva che tale situazione di stallo si pone di certo in contrasto con il superiore interesse del minore, tutelato da Convenzioni nazionali e internazionali: la posizione giudiziaria del padre, infatti, «non dovrebbe costituire un pregiudizio per diritti costituzionalmente garantiti di chi non ha commesso alcun reato, soprattutto se si tratta di una bambina in tenera età».