Nella seduta dello scorso 13 aprile il Csm ha deliberato di non potere approvare l’archiviazione (suggerita dalla Prima Commissione) del procedimento per incompatibilità oggettiva promosso nei confronti di un magistrato, con riferimento alle conversazioni telematiche da lui intrattenute con il dottor Palamara in seno alle famose chat. Come risulta da «fonti aperte» (Radio Radicale e sito del Consiglio), nel corso dell’accesa discussione, tre Consiglieri (Di Matteo, Gigliotti e Pepe) hanno lamentato che il Procuratore Generale presso la Suprema Corte avrebbe dovuto esercitare l’azione disciplinare in ordine a tutte le gravi condotte spartitorie-clientelari addebitabili al predetto magistrato, come egli stesso aveva fatto per il dottor Palamara. Per comprendere il contrasto è necessario un breve chiarimento. Procedimento amministrato per incompatibilità oggettiva e procedimento giurisdizionale per violazione disciplinare sono profondamente diversi. Il primo presuppone che il magistrato non abbia commesso violazioni disciplinari e si conclude:
  • a) con il trasferimento ad altro ufficio, se risulti dimostrata l’oggettiva (cioè incolpevole) incompatibilità ambientale o funzionale;
  • b) con l’archiviazione, nel caso in cui tale incompatibilità non sussista.
Su questo procedimento, istruito dalla Prima Commissione del Csm, decide il Plenum con decisione impugnabile davanti al Giudice Amministrativo. Il secondo procedimento è volto ad accertare la commissione di (colpevoli o dolose) condotte incastonabili nelle specifiche previsioni della legge. Esso, promosso doverosamente ed istruito dal Pg presso la Suprema Corte, è deciso dalla Sezione Disciplinare del Csm, con sentenza impugnabile davanti alle Sezioni Unite della Suprema Corte, come è avvenuto per il caso Palamara. A pena di improcedibilità il Pg deve promuovere l’azione disciplinare nel termine di un anno dalla no- tizia dell’illecito. Orbene, a quanto sembra, i tre citati Consiglieri del Csm. hanno lamentato, per l’appunto, che, per un verso, la multiforme e triennale condotta clientelare – spartitoria del magistrato indagato era tutt’altro che incolpevole, sicché non era comunque pertinente il procedimento amministrativo avviato; e, per altro verso, il Pg tempestivamente aveva promosso sì l’azione disciplinare (di cui s’ignora l’esito), ma soltanto con riferimento ad un unico episodio, sicché egli non poteva esperire aggiuntiva azione per le altre gravi e numerose condotte illecite, essendo ormai spirato il menzionato termine annuale. In difetto di altri dettagli, l’osservatore esterno non è in grado di stabilire la veridicità delle critiche mosse al Pg, ma può svolgere almeno due osservazioni. La prima. Non sfugge che, proprio perché gli stessi Consiglieri ufficialmente si dolgono dell’incompleta contestazione di violazioni ( oggettivamente e soggettivamente) disciplinari, qualunque sforzo ermeneutico o dialettico del Csm volto, in successiva delibera, ad incastonare comunque tali violazioni nell’ambito dell’incompatibilità oggettiva (ambientale o funzionale) si esporrebbe alla valutazione critica del Giudice Amministrativo. Ne conseguirebbe che la maggior parte delle illecite condotte del magistrato indagato sarebbe infine sottratta tanto al rimedio amministrativo quanto a quello giurisdizionale. La seconda. In generale, se le famose chat del dottor Palamara, che documentano intenzionali scambi clientelari, vengano esaminate dal Csm nell’ambito vistosamente improprio del procedimento amministrativo per incompatibilità oggettiva, l’archiviazione sarebbe tanto inevitabile (per difetto del presupposto) quanto elusiva dei precetti disciplinari, correttamente applicati invece per il dottor Palamara. Questo grave timore sembra non peregrino, ove si prendano in considerazione altre delibere per incompatibilità oggettiva trattate dal Csm, anteriori (v. Plenum del 13 gennaio 2021) o successive (v. Plenum del 20 aprile 2022) a quella qui vagliata del 13 aprile 2022. La questione merita adeguato approfondimento.

*già Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte