«Per rompere questo muro di silenzio, abbiamo deciso di mettere in atto un'iniziativa forte ma nonviolenta, uno sciopero della fame che partirà da questa notte a mezzanotte». Così nella sede del Partito Radicale l'esponente della Lega Roberto Calderoli in una conferenza stampa sui referendum "giustiziagiusta" del 12 giugno. «O crolla il muro del silenzio - ha ribadito il vice presidente vicario del Senato - o andrò avanti fino al giorno 12 o finché resterò in piedi. Credo che dobbiamo dare un messaggio forte». Ad accompagnarlo nell'iniziativa nonviolenta di digiuno anche la tesoriera del Partito Radicale Irene Testa che ne ha spiegato i motivi: "da aprile la Rai ha dedicato ai referendum, tra Tg e spazi extraTg, un totale di 1 ora, 51 minuti e 22 secondi. Si tratta di un furto di conoscenza per i cittadini italiani, un boicottaggio scientifico verso la campagna referendaria. Bene la posizione AgCom sul richiamo alla Rai dopo le nostre denunce ma non basta. Abbiamo bisogno di atti concreti". Ed è per questo che hanno inviato due giorni fa una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "ci rivolgiamo a Lei, quale garante della Costituzione repubblicana. La rappresentanza politica non si riduce ai rapporti tra i partiti politici, ma presuppone e garantisce la partecipazione dei cittadini. L'informazione -sottolineano i due nella missiva- è la premessa indispensabile per l'esercizio di ogni prerogativa costituzionale e rappresenta il presupposto indefettibile per la formazione di una consapevole e matura coscienza collettiva. Signor Presidente, oggi dobbiamo constatare con rammarico e seria preoccupazione che moltissimi cittadini non solo non sono posti nelle condizioni di conoscere il merito dei quesiti referendari per la consultazione del 12 giugno, ma sono impediti di fatto anche solo a venire a conoscenza che in quel giorno si svolgeranno i referendum". Dunque ad un anno esatto dalla conferenza stampa in cui Partito Radicale e Lega lanciarono la raccolta firme sui referendum, gli stessi promotori si sono ritrovati nella storica sede di Torre Argentina per denunciare il silenzio calato sui referendum dopo la massima attenzione di due settimane a giugno dell'anno scorso. Calderoli non ha risparmiato una critica anche alla Corte Costituzionale: "spiace constatare che la Consulta abbia bocciato il quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati. Era quello su cui si erano raccolte più firme. E spiace anche che non siano passati i referendum su eutanasia e cannabis. Ci saremmo espressi in maniera diversa se si fosse arrivati al voto, ma quando più di un milione di cittadini propone un referendum io credo che sia giusto che ad esprimersi sia il popolo. Casualmente, forse sarò malizioso io, però i tre quesiti che avrebbero determinato un'alta affluenza al voto sono stati dichiarati inammissibili". Il leghista ha poi puntato il dito contro due trasmissioni televisive in particolare, una della Rai, una Mediaset: "Nei talk show il referendum o non c'è o se parla male senza contraddittorio, come il caso di Gratteri al Maurizio Costanzo Show. L'apoteosi c'è stata con il monologo della Littizzetto. Io però la devo ringraziare, anche se ha sbertucciato e ridicolizzato i referendum, ne ha parlato in prima serata". A proposito della Littizzetto la Lega ha presentato un'interrogazione in commissione di Vigilanza Rai "per chiedere conto ai vertici dellazienda di quanto avvenuto nell'ultima puntata del programma 'Che tempo che fa'". Poche ore prima della conferenza stampa erano arrivate le dichiarazioni degli alleati Pd e Cinque Stelle. I dem con Debora Serracchiani: "i quesiti, se approvati, creano maggiori problemi che soluzioni. Questi quesiti non hanno nulla a che fare con la riforma, non risolvono i problemi della giustizia, primo tra tutti quello della durata ragionevole dei processi". Peccato che tre di loro si intrecciano perfettamente con la riforma Cartabia. Poi ha parlato Giuseppe Conte per i grillini: A colpi di referendum abrogativi non si migliorano i tempi della giustizia. I 5 quesiti, così concepiti sono frammenti normativi, sembrano una vendetta della politica nei confronti della magistratura, che ha le sue colpe, soprattutto per la deriva correntizia dell'ultimo periodo, ma da qui a pensare ad assumere, da parte della politica, un atteggiamento punitivo, ne corre»