Non è stato un successo, ma neanche un fallimento: lo sciopero proclamato dalla magistratura associata lo scorso 16 maggio contro la riforma Cartabia - che ha registrato adesioni sotto il 50% - ha «centrato l’obiettivo» che era quello di «comunicare all’esterno» le ragioni delle nette critiche delle toghe al ddl tuttora al vaglio del Senato. Questa l’analisi svolta dai vertici dell’Anm - il presidente Giuseppe Santalucia e il segretario Salvatore Casciaro - in apertura della riunione del direttivo del sindacato delle toghe, la prima dopo la giornata di sciopero. «Non c’è stata l’adesione al 100% che tutti ci saremmo augurati, ma il dato è stato poi corretto, e dal 48% siamo intorno al 50%, un magistrato su due ha aderito», sottolinea Santalucia. «Non c’è stata un’adesione massiccia - insiste Santalucia - ma è fortemente ingeneroso definirlo un flop. Con lo sciopero non volevamo creare disagi all’utenza, fare una protesta fine a se stessa, ma si è trattato di un tentativo di comunicare all’esterno e questo obiettivo è stato centrato. Potevamo avere di più, ma in base a questa finalità l’abbiamo raggiunto». Quanto alle critiche interne, il presidente dell’Associazione magistrati risponde con un appello all’unità: «Mi sarei aspettato che il voto assembleare, che ha deliberato lo sciopero, fosse rispettato fino in fondo da chi partecipa alla vita associativa: bisognava scioperare, questo aveva voluto l’assemblea», ha osservato Santalucia, secondo il quale «ora va rafforzato il passo, con la ricerca di una condivisa e sincera unità» tra le toghe. «Lo sciopero andava fatto - ha sottolineato poi Casciaro - questa è una scelta che va rivendicata», replicando ad alcune critiche interne all’associazione che «l’Anm non è stata dormiente, finché si è potuto dialogare, finché si è coltivata la speranza che si trattasse di un ascolto reale, l’interlocuzione è andata avanti. Poi ci siamo mossi con assoluta tempestività». Il presidente dell'Anm passa quindi alla riforma Cartabia, all'indomani della strigliata di Draghi ai partiti per accelerare i tempi. «Quello che stiamo vedendo con gli emendamenti proposti al Senato alla riforma è ciò che ci dà ragione - spiega Santalucia -. Se avevamo il timore fondato che c’era quel disegno di cambiare il volto costituzionale della magistratura gli emendamenti del Senato ne danno conferma». «È contro questa degenerazione che dobbiamo trovare il coraggio di combattere democraticamente, fare di tutto per fare capire che abbiamo buone ragioni, diverse dalla difesa di interessi di categoria - sottolinea -. È in gioco una determinata idea di giustizia, su questo ci stiamo spendendo». Ma sulle proteste dei magistrati ha da dire anche il Sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. Per il quale «c’è una parte della magistratura che sembra non riesca a leggere nei gravi fatti che si sono verificati la necessità di un cambiamento. Non si può ignorare la crisi della giustizia: è necessario ridare decisamente smalto a tutto il sistema». «La riforma dell’ordinamento giudiziario in buona parte anticipa i temi referendari, benché non li esaurisca», spiega Sisto. Ed è per questo che è importante andare a votare il 12 giugno: i quesiti sono «un importante passo avanti verso la ripresa dei principi costituzionali».