Lo scontro interno a Forza Italia sembra in grado di produrre movimenti capaci di alterare gli equilibri del centrodestra e non solo. Certo si dovranno aspettare gli esiti delle elezioni amministrative del prossimo 12 giugno per tirare le somme, ma mai come adesso gli azzurri sembrano vicini alla scissione. Chi conosce molto bene le dinamiche interne a Fi è sicuramente il deputato Osvaldo Napoli che, da qualche tempo, ha lasciato gli azzurri per aderire ad Azione di Carlo Calenda.

Cosa sta succedendo dentro Forza Italia?

Finché fra Stati Uniti e Russia i rapporti sono andati avanti senza attriti la linea politica estera del partito ha funzionato. I guai sono cominciati con l’invasione dell’Ucraina. Dentro il partito si avverte il condizionamento che viene dall’amicizia personale, direi privata, fra Berlusconi e Putin. Da qui deriva il comportamento ondivago del Cavaliere che rilascia dichiarazioni televisive diverse rispetto a ciò che dice tre ore dopo, uscendo dal ristorante e parlando a braccio, quando riemerge il substrato importante del suo rapporto con Putin.

Lo scontro tra Berlusconi e il ministro Gelmini è stato molto duro. Crede che sia possibile una scissione?

Non entro in casa degli altri, ma ho avuto modo di apprezzare la diversità politica del ministro Gelmini e ho apprezzato il suo coraggio sia nei confronti di Berlusconi che di Tajani. Certamente credo che un personaggio di rilievo come Gelmini ponga una problematica interna estremamente forte e che Forza Italia viva una fase di turbolenza destinata ad accentuarsi dopo le amministrative. Fi avrà un risultato deludente ed è il prezzo che Berlusconi deve pagare per tenersi stretto Matteo Salvini e l’alleanza con la Lega. Il paradosso della vicenda innescatasi con l’invasione dell’Ucraina è che a destra è cresciuta l’affidabilità di Fdi e di Giorgia Meloni sul piano internazionale, perché si è differenziata esprimendo una posizione in sintonia con la Nato e mettendo in imbarazzo gli alleati.

Quanto hanno pesato sugli equilibri interni le scelte di Berlusconi in Lombardia?

Non credo che la questione Lombardia abbia avuto questa rilevanza. O meglio la perdita del controllo della Lombardia può avere innescato la reazione del ministro Gelmini, ma il modo in cui si è poi sviluppata la polemica lascia intuire che il chiarimento richiesto è qualcosa di molto serio e più profondo rispetto all’organizzazione interna. Ha a che fare con la natura e la postura di Forza Italia nel sistema delle alleanze del nostro Paese. Ogni partito si gioca la propria identità con la propria linea di politica estera.

Prima ha sottolineato il coraggio di Gelmini anche nei confronti di Tajani…

In un partito che si dice liberale la provocazione di Tajani non è accettabile. Sentire il massimo dirigente di Fi dire che l’opinione di un ministro possa danneggiare la comunità politica mi pare francamente ridicolo e molto lontano da una atteggiamento autenticamente liberale. E qui c’è la differenza principale tra Forza Italia e Azione di Calenda che ha dimostrato una grande capacità di sintesi e di concretezza. La linea che ha sempre tenuto in politica estera è stata forte e coerente, così come è avvenuto per il Pnrr e per il termovalorizzatore a Roma e, più in generale, in tutta Italia. Una linea chiara che Fi non ha e se ne assume il peso politico.

Lei crede a una possibile fusione tra Lega e Fi?

Credo che certamente Fi attraversa in questo momento una fase di forte fibrillazione e che in tanti stiano guardando alla prospettiva futura, non solo dal punto di vista personale, ma anche in termini di contenuti e dell’interesse del Paese.

Pensa che qualcuno, soprattutto tra i governisti, possa guardare anche ad un contenitore di centro? Come si porrebbe Azione davanti ad un’ipotesi del genere?

Può darsi. Azione è disponibile alla formazione di un contenitore non di centro, ma equidistante dalla destra e dalla sinistra con idee chiare su quello che è il programma e su quelli che sono i problemi da risolvere. Stare insieme sarebbe un grande risultato, ma progetti e soluzioni devono essere chiari. Unirsi prima per litigare dopo non avrebbe senso. Il Paese ha bisogno di messaggi di unitarietà. Azione e Calenda sono estremamente chiari da questo punto di vista: c’è possibilità di unirsi se coincidono gli obiettivi politici.

Che perimetro potrebbe avere un contenitore del genere? Dai governisti di Fi e M5S fino a Renzi?

Il contenitore avrebbe grandi spazi, anzi vere e proprie praterie vuote, calcolando che il M5S è in notevole discesa e la sua parte moderata ha cambiato molto la posizione iniziale di populismo estremo. Con qualcuno il dialogo ci può stare, con Renzi credo sarebbe molto più difficile. In ogni caso c’è bisogno di sintesi per potere creare uno spazio simile e Calenda punta a questo risultato. La stessa sintesi dimostrata da Azione a Roma prima sul piano amministrativo e poi su quello politico.

L’attuale premier Mario Draghi potrebbe essere interessato a un simile progetto? Che farà al termine della sua esperienza alla guida del governo?

Draghi non farà l’errore di entrare in politica. Poi dipende molto dalla nuova legge elettorale, se sarà riformata. Azione, da questo punto di vista, non ha timore a presentarsi da sola alle elezioni. Mario Draghi può rappresentare il proseguimento di questo lavoro che il governo sta facendo adesso e che, ad esempio per quel che riguarda il Pnrr, proseguirà fino al 2026. Può essere l’uomo che porta al termine il lavoro che si è appena cominciato.

Lei che tipo di legge elettorale sceglierebbe?

Proporzionale con preferenze. Sono stato sindaco per molti anni, ho fatto la gavetta da consigliere comunale, inevitabile che mi auguri un proporzionale con preferenza che darebbe modo di governare meglio. Dal maggioritario che risultati abbiamo avuto? I governi tecnici di Monti Dini, Draghi e nessuna stabilità politica.

Ci sono volontà e tempo per mettere mano alla legge elettorale?

Vedremo, superfluo ricordare che le leggi elettorali si fanno negli ultimi sei mesi, se si fanno.